Il “Milleproroghe” è un maxiemendamento che i governi italiani utilizzano dal 2005 per posticipare l’entrata in vigore di alcune norme. Emendamento solitamente varato verso la fine dell’anno, il Milleproroghe 2020 è stato approvato in dicembre con l’ormai famosa formula “salvo intese” e in seguito alla positiva consultazione al Senato è ufficialmente legge. Il provvedimento consta di 44 articoli, suddivisi in quattro capi: proroghe; disposizioni urgenti in materia finanziaria, di organizzazione di pubbliche amministrazioni e magistrature; misure in materia di innovazione tecnologica; disposizioni finanziarie e finali.
Le disposizioni che riguardano il settore dell’energia
La proroga che maggiormente interessa il settore dell’energia è lo slittamento dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022 dell’obbligo per i clienti domestici e le microimprese di passare al mercato libero dell’energia, mentre per le piccole imprese il termine ultimo è il 1° gennaio 2021. Giudicata “inammissibile” e quindi esclusa dalla legge di bilancio, tale proposta è stata poi introdotta, e infine approvata, nel Milleproroghe.
Questo ha però scontentato l’Antitrust che afferma, senza mezzi termini, che la scadenza al 2022 è “inderogabile”. Entro quella data, tutti i clienti domestici di luce e gas dovranno passare al mercato libero; se si procedesse a un ulteriore rinvio, a farne le spese maggiori sarebbero da una parte la concorrenza e dall’altra le famiglie per i mancati risparmi che deriverebbero dalla concorrenza stessa. Oltre all’Antitrust, un altro monito arriva da parte di un’altra autorità pubblica: l’Arera. Quest’ultima aveva provveduto già da tempo a mettere in guardia i decisori pubblici sulla pericolosità insita nel continuare a prorogare il passaggio verso il mercato libero. Le misure poste in atto a partire dagli anni Novanta con l’intento di liberalizzare il settore dell’energia elettrica, per trasporto e distribuzione, risultano ancora a metà, in quanto sembra di non essere capaci e decisi a compiere il passo decisivo. Se i clienti saranno pienamente informati, sottolinea l’Antitrust, gli esiti positivi si osserveranno nella riduzione della spesa per i consumi energetici, nella migliore efficienza del servizio e nella diffusione di servizi sempre più rivolti all’innovazione del settore. Questo scenario potrebbe essere garantito solamente dalla completa competizione tra le imprese, la quale viene limitata se vi sono interventi pubblici nella regolazione del prezzo.
La concorrenza presente attualmente nel mercato può essere intesa come fittizia: nonostante la presenza di un discreto numero di operatori, solamente i venditori che sono anche distributori possono occuparsi del servizio di tutela. Secondo l’Agcm, questa condizione ha consentito l’affermarsi di “posizioni dominanti su scala locale” con il conseguente sfruttamento di tale posizione dominante. Antitrust ed Arera concordano sul fatto che, prima di procedere al definitivo abbandono del mercato tutelato, si debba provvedere a una serie di misure preventive per rendere il passaggio “meno doloroso”, informando il più possibile i clienti interessati, soprattutto su come procedere nella scelta dell’operatore.
Le agevolazioni fiscali contenute nel decreto Milleproroghe
Per quanto riguarda il tema delle agevolazioni, una delle novità introdotte dal decreto interessa il disciplinamento dell’ecobonus auto, istituito dalla legge di Bilancio 2019 (articolo 1, commi da 1031 a 1038), il quale viene modificato nella definizione delle classi ambientali dei veicoli M1 che possono essere rottamati. L’incentivo per l’acquisto di veicoli categoria M1 a basse emissioni di CO2, il cui prezzo non deve essere superiore a 50.000 euro per le nuove auto, è riconosciuto, oltre che in caso di rottamazione di vetture Euro 1, 2, 3, 4, anche con la rottamazione di vetture Euro 0.
Con l’articolo 12 comma 2, sono stati infatti inclusi tra i veicoli che possono essere rottamati e danno diritto a un contributo più alto (6.000 o 2.500 euro) i veicoli Euro 0. La disposizione originaria presente nella legge di Bilancio 2019 (comma 1031) prevedeva invece che l’ecobonus maggiore potesse interessare solo la rottamazione di veicoli omologati alle classi Euro 1, 2, 3, 4. Un’altra novità che ne deriva è l’abbassamento della soglia delle emissioni di anidride carbonica che il veicolo può produrre. Per ottenere l’ecobonus, dall’emissione consentita di 70 g/km si passa a quella di 60 g/km. Viene confermata poi l’estensione dell’ecobonus come sconto del 30% agli acquisti effettuati nell’anno 2020 di motocicli e ciclomotori elettrici o ibridi. Fino al 31 dicembre 2020 vengono messi a disposizione per tale bonus 8 milioni di euro. Rimane confermata la soglia di prezzo di listino al di sotto della quale si ha diritto al bonus: il contributo può essere fruito sia per l’acquisto sia per il leasing. Il decreto lascia invariate anche le modalità di prenotazione del contributo. Inoltre, l’incentivo è corrisposto dal venditore all’acquirente attraverso la compensazione con il prezzo d’acquisto e non è cumulabile con altri incentivi promossi dallo stato.
Rimangono immutati anche i soggetti che possono beneficiare del contributo: l’incentivo può essere richiesto da società, imprese individuali, soggetti non imprenditori tra i quali sono inclusi i professionisti, persone fisiche e dalla pubblica amministrazione. Tra i soggetti che possono richiedere il beneficio sono ammessi anche i concessionari, che possono acquistare ed immatricolare a proprio nome un veicolo con l’ecobonus, a condizione di rispettare tutti gli obblighi e di presentare tutta la documentazione che la normativa prevede. In ultimo, rimane invariata anche la misura del contributo. Per i veicoli che producono emissioni di CO2 non superiori a 20 g/km sono previsti: 6.000 euro, con rottamazione di un veicolo della stessa categoria omologato alle classi Euro 0, 1, 2, 3 e 4; 4.000 euro, senza rottamazione. Mentre per i veicoli che producono emissioni di CO2 superiori a 20 g/km fino a 60 g/km il bonus si traduce in: 2.500 euro, con rottamazione di un veicolo della stessa categoria omologato alle classi Euro 0, 1, 2, 3 e 4; 1.500 euro, senza rottamazione.
Proroga per gli impianti alimentati a biogas
L’articolo 40-ter proroga limitatamente all’anno 2020 gli incentivi per gli impianti alimentati a biogas, previsti dall’articolo 1, comma 954, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. In questo caso la proroga risulta essere importante sia per l’ambiente sia per il settore agricolo: gli impianti interessati sono quelli alimentati a biogas facenti parte del ciclo produttivo di un’impresa agricola. Il biogas è visto negli ultimi anni come motore propulsore della riduzione delle emissioni e come mezzo in grado di arricchire il terreno, dando vita a un modello di agricoltura sostenibile. I benefici interessano la resa produttiva, il risparmio d’acqua, di fertilizzanti e di carburanti. L’emendamento rappresenta un elemento di continuità indispensabile per la programmazione degli investimenti dell’industria agricola italiana. Il nuovo sistema incentivante è valido solo per gli impianti con produzione elettrica fino a 300 k. Restano ancora fermi i requisiti per ottenere gli incentivi relativi all’alimentazione degli impianti, che deve dipendere obbligatoriamente da reflui prodotti dalle aziende agricole per non meno dell’80% e, per il restante 20%, dalle colture di secondo raccolto. L’incentivo sarà definito intorno alla fine di marzo, previo parere favorevole della Commissione Europea.
Novità per i consumatori che sono anche produttori
Una delle novità più interessanti e che segna l’avvio verso un nuovo modo di pensare il mondo dell’energia elettrica rinnovabile è quella proposta dall’articolo 42-bis, il quale riguarda la possibilità per i consumatori di aggregarsi in comunità di prosumer. Il prosumer è una nuova figura di utente: è sia consumatore sia produttore di energia elettrica, in particolar modo quella prodotta da fonti rinnovabili. Nel decreto Milleproroghe vengono gettate le basi anche in Italia per la creazione di comunità rinnovabili e sistemi di autoconsumo collettivo.
Nel dettaglio le misure introdotte nel decreto rappresentano il recepimento di alcune norme della nuova direttiva comunitaria sulle rinnovabili, la RED II (2018/2001/EU). L’atto europeo ha incluso tra i suoi articoli misure specifiche per consentire alle famiglie, alle comunità e alle imprese di trasformarsi in produttori di energia pulita. Tali disposizioni offrono la possibilità agli edifici residenziali di installare un singolo sistema fotovoltaico con il fine di alimentare diversi appartamenti. Parallelamente consente ai cittadini di creare comunità energetiche locali autosufficienti. Il governo italiano è oggi al lavoro per adottare nella propria legislazione la direttiva comunitaria con un provvedimento ad hoc, ma attraverso il Milleproroghe si concretizza l’idea di anticipare i tempi per ciò che concerne l’autoconsumo collettivo e le energy communities (art. 21 e 22 della RED II). Per il momento è prevista una fase sperimentale nella quale sarà consentito di installare impianti non superiori a 200 kilowatt di potenza, in modo da consentire la realizzazione delle configurazioni a bassa tensione, che entreranno in esercizio nei prossimi mesi e con un limite di tempo che trova nel 30 giugno 2021 la sua scadenza. Si prevedono incentivi non cumulabili con quelli già in corso per lo “scambio sul posto”, ossia per coloro che già immettono l’energia elettrica nella rete. Rimangono invariate, invece, le detrazioni fiscali per gli impianti per le energie rinnovabili. L’energia elettrica prodotta potrà essere consumata subito, immessa in rete oppure immagazzinata in accumulatori ed essere usata in un secondo momento. Le misure previste dal decreto prevedono la possibilità che i consumatori di energia elettrica possano associarsi per divenire prosumer che agiscono collettivamente, a patto ovviamente che questa attività non costituisca la loro principale attività commerciale o professional. I nuovi energy citizens devono però rispettare alcune condizioni. In primo luogo, devono produrre energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da energie rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW, i quali sono entrati in esercizio successivamente alla data di entrata in vigore del Milleproroghe. Poi, devono condividere l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente: l’energia condivisa deve corrispondere al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali associati. Inoltre, l’energia deve essere condivisa per l’autoconsumo istantaneo, che può avvenire anche attraverso sistemi che ne consentano l’accumulo. Poi, nel caso di comunità energetiche rinnovabili, i punti di prelievo dei consumatori e i punti di immissione degli impianti ubicati su reti elettriche di bassa tensione, alla data di creazione dell’associazione, devono far riferimento alla stessa cabina di trasformazione MT/BT. In ultimo, nel caso di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, gli stessi devono essere ubicati nel medesimo edificio.
L’intento che sembra emergere dall’introduzione delle comunità di prosumer nel decreto è di valorizzare lo scambio di energia da fonti rinnovabili per utenze che si trovano all’interno della stessa rete di distribuzione, in modo da dar vita a progetti locali virtuosi che apportino vantaggi per l’energia autoconsumata istantaneamente. Lo scopo ultimo è quello di favorire l’innovazione nel settore, per spingere nella direzione della creazione di progetti capaci di soddisfare al meglio i fabbisogni e di integrare sistemi di accumulo e di mobilità elettrica: tali sistemi devono svilupparsi nell’ottica dell’efficienza, riducendo così lo scambio con la rete e contribuendo alla stabilità del sistema elettrico stesso. Questa apertura alle comunità energetiche può rappresentare l’inizio di un processo che presta maggiore attenzione all’innovazione nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in tutta Italia, attraverso progetti che coinvolgano la cittadinanza e facciano permeare all’interno del tessuto sociale il messaggio che si possono trarre vantaggi dagli impianti eolici, solari, idroelettrici, da biomasse, con l’obiettivo inoltre di valorizzare le risorse locali. Il coinvolgimento della comunità nella sua interezza risiede nella visione più ampia di creare consenso tra i cittadini per facilitare la transizione energetica e abbandonare l’utilizzo delle fonti fossili nella produzione dell’elettricità.
Conclusioni
La massiccia presenza lungo tutto il decreto di interventi a favore dell’ambiente e di tematiche riguardanti l’energia elettrica, nello specifico quella proveniente da fonti rinnovabile, rappresenta la crescente importanza che giustamente tali questioni stanno assumendo nel dibattito attuale. Sicuramente si deve velocizzare l’implementazione del mercato libero dell’energia: la liberalizzazione è il primo passo verso l’effettiva possibilità di avere veri prosumer nel mercato.