Attualmente le centrali nucleari producono circa un terzo dell’elettricità e un settimo dell’intera energia consumata nell’Unione Europea. L’energia nucleare rappresenta una alternativa low carbon ai combustibili fossili e compone il mix energetico di tutti gli stati europei, anche dell’Italia.
Breve storia dell’energia nucleare in Europa
I primi sei stati fondatori della Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA), nata nel 1951, decisero che l’energia nucleare era la via ideale per raggiungere l’indipendenza energetica e far fronte così alla carenza di combustibili e alla massiccia industrializzazione in corso. Per questo quegli stessi sei fondatori, fra cui l’Italia, nel 1957 diedero vita alla Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom) con l’obiettivo di contribuire alla ricerca e allo sviluppo di impianti per la produzione di energia da fissione nucleare.
Da allora l’Europa ha intrapreso la realizzazione di numerose centrali nucleari, senza particolari criticità, anche in Italia. Dopo l’incidente di Chernobyl del 1986, però, l’Italia chiamò i suoi cittadini a esprimersi sulla scelta nucleare con un referendum nel 1987 che portò alla chiusura definitiva dei reattori già attivi (Caorso, Garigliano, Latina, Trino Vercellese). Nel 2011 un’altra catastrofe occorsa a un reattore nucleare (Fukushima in Giappone) portò ancora una volta l’Europa e l’Italia ha interrogarsi e appena tre mesi dopo in Italia un secondo referendum portò alla definitiva rinuncia all’energia nucleare, mentre il Belgio ha chiuso temporaneamente due impianti dopo la scoperta di crepe nel nocciolo dei reattori e la Germania ne ha spenti otto, annunciando di voler smantellare tutti gli impianti rimasti entro il 2022.
Energia nucleare, il timore vince sulle statistiche
Il forte timore di incidenti di dimensioni catastrofiche ha portato i governi europei a chiudere in fretta il capitolo dell’energia nucleare. A ben vedere, però, le statistiche non confermano questo eccessivo allarmismo. Uno studio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica e di Forbes si è incaricato di fare un calcolo del numero di “morti per miliardo di kWh” di energia prodotta. Ebbene, è risultato che il carbone è senza dubbio il più letale, seguito da petrolio, biomasse, gas naturale, idroelettrico, solare, eolico e, infine, dal nucleare, che risulta la fonte di energia più sicura. A parlare sono i fatti e i numeri: nel 1975, il crollo di alcune dighe in Cina ha provocato un numero che varia da 171mila a 320mila morti, mentre le vittime accertate del più grave incidente nucleare della storia, quello di Chernobyl, sono ufficialmente 66 (4000 quelle stimate invece dall’ONU).
Fonte: ENI
In realtà, maggiori problemi per la salute sono causati dall’estrazione dell’uranio necessario per alimentare i noccioli dei reattori. Un quarto delle riserve mondiali si trovano in Australia, un altro quarto è distribuito fra Kazakhstan e Canada, mentre l’altra metà è sparso nel resto del pianeta.
In Europa se ne trovano quantità significative quasi ovunque, inclusa l’Italia che possiede 6100 tonnellate di riserve. La maggior parte di queste ultime si trovano in due giacimenti a 15 km di distanza fra di loro, sulle Alpi Orobie Lombarde: in Val Vedello (SO) e a Novazza (BG). Russia e Ucraina possiedono rispettivamente il 5% e il 3% delle riserve mondiali, ma la stragrande maggioranza delle profondità della Siberia sono ancora inesplorate e numerosi altri giacimenti potrebbero nascondersi sotto il permafrost.
L’Unione Europea è ancora lontana dall’obiettivo dell’indipendenza energetica, a sessant’anni dalla fondazione dell’Euratom. Anzi, oggi è il più grande importatore di energia al mondo: 400 miliardi di euro all’anno per comprare dall’estero più della metà (il 53%) dell’energia che consuma.
L’Europa dipende dal nucleare per oltre un quarto della propria energia elettrica e più della metà dell’elettricità che deriva da fonti a basso impatto ambientale viene proprio dalle 128 centrali atomiche installate in 14 dei 28 Stati europei.
Quanta energia viene prodotta in Europa con il nucleare
Le centrali atomiche europee producono complessivamente 119 miliardi di Watt (GWe); oltre la metà di questi derivano dalle 58 centrali situate in territorio francese. La Francia produce oltre tre quarti della propria energia elettrica con la fissione dell’atomo. Altre 56 centrali atomiche sono operative in Stati extraeuropei (Russia, Ucraina e Svizzera) portano all’interno dell’Unione il 17% del fabbisogno elettrico. La Svezia produce il 7% di energia nucleare e la Germania contribuisce per il 9% (ma ricordiamo – ha programmato di smantellare le proprie centrali entro il 2022). Anche la Francia, con Emmanuel Macron, ha confermato l’impegno per diminuire la sua dipendenza dall’energia nucleare: dal 75% al 50%, anche se il presidente non ha confermato se questo obiettivo sarà raggiunto già nel 2025 come previsto dal precedente esecutivo. La Gran Bretagna, ormai fuori dall’UE, con le proprie 15 centrali atomiche contribuiva per il 7% dell’energia nucleare prodotta.
L’energia nucleare in Italia
E l’Italia? La prima cosa che salta all’occhio è che il nostro Paese è il più grande importatore di energia elettrica al mondo. Nel 2014, ai 132 Terawattora (TWh) prodotti ha dovuto aggiungere 22,3 TWh acquistati all’estero, per soddisfare la domanda interna di 153 TWh. Di questo 15% importato, la quota maggiore arriva dal nucleare francese. Questo perché l’Italia è l’unica nazione appartenente al G8 a non possedere impianti nucleari, anche se il 10% dell’elettricità che gli italiani consumano viene proprio dal nucleare.
Sarebbe possibile un dietro-front, un cambiamento di marcia nella scelta del nucleare per l’Italia? La cosa appare molto difficile. Prima di tutto perché l’Italia non possiede infrastrutture riutilizzabili; non è pensabile rimettere in servizio le centrali smantellate negli anni Novanta, perché sono ormai superate. Inoltre, mancano tecnici, ingegneri e fisici. I progetti sembrano essere altri, orientati alle energie rinnovabili. Infatti, anche quello che era lo storico Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEL) è stato ribattezzato Ente Nazionale per le Energie Alternative (ENEA).
(Fonte dati: ENI)
Articolo originariamente pubblicato il 24 Mar 2020