Ricerche

Utility italiane in buona salute: corrono gli investimenti e cresce il fatturato

Lo studio Top Utility di Althesys ha passato in rassegna le principali tendenze delle prime 100 utility italiane: il crescente processo di digitalizzazione ha influenzato la soddisfazione dei clienti

Pubblicato il 25 Feb 2020

cybersicurezza energia

In che direzione vanno le utility italiane? Messe alle spalle le incertezze degli scorsi anni, coincidenti con la grande trasformazione che ha investito il settore energetico e ambientale, questi operatori sembrano aver trovato il passo giusto per rispondere alle domande che arrivano dal mercato, investendo in misura considerevole nell’innovazione, con un occhio particolare alla digitalizzazione. Questa la principale evidenza che arriva dallo studio Top Utility, realizzato dalla società di consulenza Athesys in collaborazione con Utilitalia. La ricerca ha preso in considerazione le 100 maggiori utility italiane, che hanno un peso centrale nei servizi pubblici (energia elettrica, gas, acqua, rifiuti), tanto da coprire quasi il 75% delle vendite di energia elettrica in Italia, oltre il 60% del gas venduto, il 41% dei rifiuti urbani raccolti e il 70% dell’acqua distribuita.

Un 2018 ricco di risultati positivi

Eppure, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non tutte le utility sono enormi, anzi; il settore continua a essere frammentato tra pochi grandi operatori (sono 11 quelli che superano il miliardo di fatturato) e molti medio-piccoli (oltre la metà sono sotto i 100 milioni). Il peso di queste aziende nell’economia italiana è però innegabile: le cento maggiori utility italiane hanno generato nel 2018 un valore della produzione di 114 miliardi, pari al 6,5% del PIL, un dato in aumento del 2,8% rispetto al 2017.Il 2018 è stato un anno di buoni risultati: le multiutility e le monoutility idriche hanno chiuso con un aumento dei ricavi del 7,4% e del 2,3%. Le utility elettriche sono cresciute dell’1,4% rispetto al 2017, quelle del gas del 12,7%. L’unico segmento in controtendenza è stato quello delle monoutility dei rifiuti, che ha visto un giro d’affari in calo dell’1,4%.

In che cosa investono le utility

Ma il dato probabilmente più interessante della ricerca è probabilmente quello relativo agli investimenti, che hanno superato quota 6,6 miliardi di euro (pari a circa lo 0,3% del Pil italiano), con un sorprendente +18,7% rispetto all’anno precedente. In buona sostanza, senza gli investimenti del mondo utility, l’incremento del Pil italiano nel 2018 sarebbe stato praticamente a zero, ha giustamente osservato il ceo di Althesys Alessandro Marangoni. Ma dove investono le utility italiano? Un aspetto rilevante è che ben il 47% degli investimenti è appannaggio degli operatori del settore elettrico, che sta affrontando un passaggio tecnologico importante, che presuppone la necessità di investire nelle energie rinnovabili, nonché in soluzioni capaci di digitalizzare e ottimizzare il funzionamento delle reti. Le utility che investono di più in rapporto al fatturato sono però quelle dell’idrico, grazie alla stabilità della tariffazione arrivata alcuni anni fa, che ha permesso agli attori del settore di liberare risorse dedicate all’ammodernamento degli impianti e delle reti.

Investimenti sempre più green

Tra gli ambiti più innovativi di investimento c’è quello della smart mobility, con il 25,5% delle aziende che ha dichiarato di averne allo studio o in corso di realizzazione e il 21,3% che ne ha già alcune operative. Una utility su due (il 48,9%) svilupperà nuovi progetti per le infrastrutture e il 34% ne ha già attivi. Le Top 100 hanno installato ad oggi 12.000 punti di ricarica elettrica pubblica e nei prossimi tre anni ne sono previsti oltre 30.000. Da rilevare, poi, che una parte importante degli investimenti riguarda il cruciale ambito della ricerca e sviluppo, un segmento che le 100 top utility è cresciuto addirittura del 47% rispetto alla precedente edizione. L’incidenza sul fatturato, comunque, rimane ancora contenuta (0,26%), inferiore rispetto alla media nazionale. Da rilevare che ben il 50% delle top utility svolge attività di ricerca sia internamente che esternamente, mentre il 16% si affida solo a soggetti esterni. All’orizzonte c’è poi un importante cambiamento: una fetta significativa degli investimenti delle utility è legata ai finanziamenti della Bei, la Banca europea per gli investimenti. Che, però, ha deciso di non concedere più prestiti per investimenti alle fonti fossili, compreso il gas, premiando invece fonti alternative e progetti green. Una scelta che, inevitabilmente, è destinata a impattare sulle scelte di investimento future delle utility italiane.

Come cambiano le utility con la digitalizazione

Infine, sul fronte della digitalizzazione, la ricerca di Althesys segnala come il crescente processo di digitalizzazione stia creando nuovi punti di contatto con il cliente (app e sportello on line), che si vanno ad aggiungere a quelli tradizionali. Questa diversificazione dei clienti ha permesso di migliorare anche l’indice di soddisfazione complessiva dei clienti, sebbene il numero di reclami sia salito sensibilmente, registrando il valore più alto dell’ultimo triennio. Il processo di digitalizzazione delle utility ha però ridotto i tempi d’attesa delle chiamate e agli sportelli, oltre a quelli di risposta ai reclami scritti.

“Il settore dei servizi pubblici – commenta l’economista Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys e coordinatore del gruppo di ricerca Top Utility – sta affrontando un momento di profondi cambiamenti sull’onda delle grandi sfide contemporanee, quella climatica e quella tecnologica, dove i colossi e i nuovi protagonisti sono chiamati a gestire complessità e standard di qualità crescenti. La corsa agli investimenti delle top utility, che si rivelano le più pronte, conferma un trend emerso già l’anno scorso e anche oggi evidenziato dall’aumento della quota del fatturato destinato a questa voce, mentre ricerca e innovazione assumono un peso crescente”.

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Gianluigi Torchiani

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