Le fonti rinnovabili valgono oltre un decimo della generazione elettrica globale: questa la principale evidenza di un report rilasciato da dalla società di società di ricerca BloombergNEF (BNEF), relativo al 2021. Accanto a questa notizia positiva per il climate change c’è un dato allarmante: la produzione da centrali elettriche a carbone e le relative emissioni inquinanti è stata lo scorso anno in netta ripresa. Ma andiamo con ordine: eolico e solare con quasi 3.000 terawattora di elettricità prodotta, hanno rappresentato un totale del 10,5% della generazione globale del 2021. Più precisamente circa 1.000 TWH arrivano dai pannelli e altri 2.000 dalle pale: l’eolico copre così il 6,8% della domanda mentre il solare è salito al 3,7%. Si tratta di percentuali estremamente significative, se si pensa che appena dieci anni fa, queste due tecnologie combinate rappresentavano ben meno dell’1% della produzione totale di elettricità. La svolta è avvenuta a partire dal 2017: da quell’anno eolico e solare hanno rappresentato la maggior parte della nuova capacità di generazione di energia aggiunta alle reti globali. In particolare nel 2021, circa i tre quarti dei 364 gigawatt di nuova capacità costruita sono provenuti da queste due fonti. il fotovoltaico da solo, è valso circa metà di tutta la capacità globale aggiunta, con 182 GW di nuove installazioni. L’aspetto ulteriormente positivo è che se un tempo il solare era concentrato in pochi Paesi sviluppati, la tendenza attuale è invece quella della crescita rapida di mercati, come Brasile e Vietnam, che hanno installato in pochi anni 10 e 20 GW di impianti.
Tanto che BNEF si spinge a dire che le energie rinnovabili sono ora la scelta predefinita per la maggior parte dei paesi che cercano di aggiungere o addirittura sostituire la capacità di generazione di energia. E non è più per una questione di incentivi o sussidi vigenti, ma semplicemente perché queste tecnologie sono più spesso le più competitive in termini di costi. Rispetto a eolico e solare, un ruolo più limitato nella generazione elettrica è giocato da biomasse e geotermico, che coprono circa il 2,5% del fabbisogno, per un complessivo 13% coperto dalle fonti pulite. Decisamente più rilevante è il ruolo di idroelettrico (16%) e nucleare (10%): dunque nel 2021 circa il 39% di tutta l’energia prodotta a livello globale nel 2021 fosse priva di emissioni di carbonio.
Eppure, nonostante questi progressi, il sistema elettrico mondiale ha fatto un mezzo passo indietro sulla strada della decarbonizzazione. In un contesto in cui l’economia globale si è andata riprendendo dalla pandemia di Covid-19, la domanda di elettricità è aumentata del 5,6% su base annua, mettendo a dura prova le infrastrutture esistenti e le catene di approvvigionamento di combustibili fossili. Il risultato è stato che la produzione inferiore al previsto da impianti idroelettrici (fenomeno particolarmente accentuato in Italia per via della siccità) e i prezzi più elevati del gas naturale hanno anche contribuito a riportare in auge l’energia a carbone, che da solo vale circa il 27% della generazione globale. La produzione delle centrali a carbone ha stabilito record balzando dell’8,5% dal 2020 al 2021 (+750 terawattora su base netta) a 9.600 terawattora, in gran parte concentrata in Cina, India e Usa. La conseguenza negativa è stata un aumento commisurato del 7% delle emissioni globali di CO2 dal settore energetico nel 2021 rispetto al 2020, tanto da aver stabilito un nuovo massimo a 13.600 mega tonnellate di CO2.