Il dibattito energetico europeo, in queste ultime settimane, è stato dominato dal tema della tassonomia verde: come racconta bene in questo articolo ESG360, alla fine dello scorso anno dalla Commissione europea è arrivata una proposta legislativa che prende in considerazione la necessità di includere, con una serie di riserve e di condizioni, la produzione di energia nucleare e il gas naturale nell’ambito delle soluzioni energetiche o delle tecnologie green.
Gli obiettivi di decarbonizzazione all’origine della tassonomia
Una scelta che ha scatenato molte polemiche tra addetti ai lavori e non e che vede contrapposte soprattutto Francia e Germania, come racconta a EnergyUp.Tech Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, società di consulenza indipendente in ambito energy & utilities. “Tutto ha origine dagli obiettivi di decarbonizzazione, dal momento che la tassonomia verde punta a identificare quali tipi di investimenti e tecnologie siano più compatibili con questa tendenza. Si discute tanto di gas e nucleare, ma la tassonomia non interessa soltanto il sistema energetico, ma ha a che fare anche con il settore idrico e dei rifiuti, ad esempio. L’idea è che i nuovi investimenti per essere considerati sostenibili debbano essere orientati al principio del Do No Significant Harm, ossia non arrecare un danno rilevante all’ambiente”. Come poi questo si traduca nella pratica non è per nulla scontato né banale: per i rifiuti c’è ad esempio tutta la discussione se considerare o meno green i termovalorizzatori e il mondo del waste to energy.
Gli interessi divergenti franco-tedeschi
La discussione pubblica si è però concentrata sull’energia e in particolare sulla domanda: il gas e il nucleare devono essere considerati sostenibili ai fini della tassonomia europea? Secondo Marangoni, tutto nasce dal fatto che le due maggiori potenze continentali hanno interessi energetici divergenti: “ La Francia, che possiede molte centrali atomiche vetuste, vorrebbe usare i fondi del Recovery fund per ammodernarle, dunque sostiene che il nucleare debba rientrare pienamente nella tassonomia, dal momento che non emette CO2. Un assunto che in effetti è innegabile; però se consideriamo il principio generale del Do no significant harm e pensiamo al tema delle scorie e dei rischi connessi all’energia nucleare, si capisce come considerarla completamente verde rappresenti un po’ una forzatura. La Germania, al contrario, ha estremamente bisogno del gas vista la scelta dismissione del nucleare e la necessità di sostituire le inquinanti centrali a carbone. In questo senso Berlino cerca di spingere la tesi che il gas possa rientrare nella tassonomia verde perché rispetto agli altri combustibili fossili emette infinitamente meno. Però anche questo discorso ha i suoi limiti, dal momento che il gas emette non solo CO2 ma anche altre sostanze inquinanti, a cui va poi aggiunto il tema delle perdite delle infrastrutture di rete e nelle fasi di esplorazione. Come finirà lo scontro? La mia personale opinione è che alla fine ci sarà un accordo tra Francia e Germania per far rientrare entrambe le fonti nella tassonomia”.
Il ruolo dell’Italia
In tutto questo anche l’Italia sembra spingere verso un accordo: nelle scorse settimane nel nostro Paese si è diffusa una certa preoccupazione relativamente ai limiti di emissione delle centrali a gas sia rispetto al Recovery Plan che al capacity market. Inoltre le principali utility italiane, Eni ed Enel, hanno entrambe per motivi diversi interesse sul gas, che rappresenta ancora la principale fonte di generazione elettrica nazionale. E che, inevitabilmente, giocherà un qualche tipo di ruolo anche nel prossimo futuro, nonostante la faticosa avanzata delle rinnovabili: “Non dimentichiamoci che non potremmo fare a meno del gas da subito, anche perché esiste un’evidente necessità di mantenere il sistema elettrico in equilibrio, ossia di avere a disposizione una adeguata capacità di backup quando il sole o il vento calano d’intensità”.
Le conseguenze della mancata inclusione
Ma che cosa potrebbe accadere in caso di mancata inclusione di gas e nucleare nella tassonomia verde europea? Oltre a negare l’accesso ai fondi europei per il post pandemia, anche gli investitori potrebbero essere condizionati da questa scelta, dal momento che le logiche ESG sempre più imperanti spingono verso l’uscita dai progetti valutati come inquinanti e non sostenibili. Questo però non significa che per nucleare e gas le conseguenze sarebbero irreversibili: “La mancata inclusione nella tassonomia non comporterebbe certo il divieto di realizzare gli investimenti in gas e nucleare. Sicuramente renderebbe però più complesso e costoso realizzare questi impianti, dal momento che innanzitutto non si potrebbe accedere alle risorse del Recovery Fund che, come noto, sono a basso o nullo costo. Inoltre, probabilmente i finanziatori riterrebbero questi investimenti più a rischio e potrebbero porre delle condizioni peggiori. D’altra parte, però, occorre considerare che in alcuni Paesi esistono comunque delle norme e meccanismi, come il Capacity market italiano, che servono a rendere attraenti quegli investimenti fuori mercato, proprio per mantenere in equilibrio il sistema energetico. Non credo dunque che la mancata inclusione nella tassonomia di gas e nucleare comporterebbe gravi conseguenze per l’Italia”, conclude Marangoni.