intervista

Fimer: innovazione e crescita indispensabili per competere nel mercato degli inverter

Filippo Carzaniga, presidente di Fimer, racconta come la sua impresa abbia attraversato con successo le diverse ere del mercato fotovoltaico nazionale. Cruciale è stata la recente acquisizione della ex PowerOne

Pubblicato il 20 Ott 2021

fimer

Il fotovoltaico è una tecnologia innovativa e alle spalle non ha certo secoli di storia. Però, ormai, è da quasi 15 anni, con l’avvio del sistema di incentivazione Conto energia, che questa tecnologia comincia a essere abbastanza diffusa nel nostro Paese. Tanto che tutti quanti sappiamo ormai riconoscere un pannello fotovoltaico installato sopra i tetti delle case o dei capannoni. Il problema è che, in questi 15 anni, la vita del fotovoltaico italiano è stata piuttosto travagliata: dopo i primi anni di boom, legati agli incentivi, è arrivata una lunga fase di ridimensionamento, da cui ancora oggi fa fatica a riprendersi. In questo contesto la filiera nazionale del solare ha visto moltissime aziende nascere e morire dopo pochi anni. Molto poche, invece, sono quelle che hanno attraversato l’intera era, riuscendo anche a espandersi a livello internazionale. Una di queste, attive in un segmento chiave dell’industria fotovoltaica come gli inverter è sicuramente Fimer.

L’ingresso nel mercato degli inverter

Come racconta a EnergyUp.Tech Filippo Carzaniga, Presidente di Fimer, “Siamo un’azienda italianissima, nata nel 1942, attiva per la grande maggioranza della sua storia nella produzione di saldatrici. Nel 2007, considerando che il mercato dell’automazione aveva possibilità di espansione limitate, abbiamo scelto di entrare in un nuovo settore di business, quello delle tecnologie rinnovabili. Cecando di mettere a frutto tutta l’esperienza che avevamo accumulato. Un inverter, in fondo è un po’ una saldatrice che funziona al contrario, dal momento che prende energia in corrente continua per trasformarla in corrente alternata. In pratica, l’esatto contrario di come funziona una saldatrice”. Inizialmente l’attività di Fimer si è focalizzata segmento utility, che poteva contare su grandi incentivi nel nostro Paese. Successivamente, intorno al 2013, c’è stata una grande espansione a livello internazionale, in particolare in Sud America, che è stata tra le prime aree del pianeta in cui gli impianti fotovoltaici potevano sostenersi senza supporto, grazie anche al grande irraggiamento locale. Nel 2015-17 c’è stata poi una ulteriore espansione anche in Europa e Nord Africa. Nel 2018 Fimer è entrato in un altro settore strategico, quello cioè della mobilità elettrica, che è poi cresciuto rapidamente, tanto da rappresentare oggi circa il 10% del volume di affari del gruppo.

La necessità di una crescita dimensionale

Ma in un mercato degli inverter diventato sempre più competitivo e globale, Fimer aveva necessità di aumentare la propria dimensione, per sostenere gli investimenti necessari. Da qui ha preso le mosse l’acquisizione dell’ex Power One di ABB: “ABB era uno dei nostri più grandi fornitori di componenti elettrici in bassa tensione ed aveva acquisito anni fa Power One, che di fatto era il secondo produttore mondiale di inverter. Ma non riuscendo a fare fruttare questa realtà, aveva deciso di dismettere l’investimento. Per noi è stata quindi un’ottima occasione per colmare i nostri gap: dimensionali ma anche di portafoglio prodotti, dal momento che eravamo presenti soltanto nel segmento dei grandi impianti, mentre ABB-Power One era attiva anche nel residenziale e commerciale. Dopo due anni di negoziazione abbiamo finalmente effettuato l’acquisizione nel 2020, diventando il primo produttore italiano per scala. Per noi si è trattato di un passo cruciale: oggi la piccola dimensione non paga nel mondo dell’energia: o si è strutturati oppure si rischia di non rimanere al passo con il cambiamento tecnologico e digitale”.

La sfida della digitalizzazione

Il risultato è che oggi Fimer è un gruppo di più 1100 persone, presente in 25 diversi Paesi, con 3 diversi stabilimenti produttivi e 3 centri di ricerca. E, avendo attraversato le diverse ere del fotovoltaico, è in grado di tracciare un quadro sull’evoluzione presa dal mondo dal mondo fotovoltaico e inverter negli ultimi 15 anni: “Nel mondo residenziale, la tecnologia degli inverter si è evoluta molto e secondo alcune direttrici principali. Tra queste la miniaturizzazione dei prodotti. Oggi un inverter da 6 kW è grande meno della metà di un inverter della stessa taglia realizzato 10 anni fa. La seconda direttrice è la digitalizzazione: oggi gli inverter sono connessi e costituiscono un nodo cruciale all’interno delle reti digitali e smart delle nostre città, potendo comunicare con qualsiasi tipo di dispositivo. Un altro elemento importante di cui siamo precursori è l’implementazione di protocolli blockchain, che ci permettono di essere pronti al tema delle comunità energetiche. La terza direttrice fondamentale è rappresentata dai sistemi di accumulo, che fino pochi anni fa erano ancora una nicchia, mentre oggi costituiscono la stragrande maggioranza delle installazioni. In ambito utility la tendenza è quella di abbandonare l’inverter centralizzato, che costituisce un dispositivo di grandissime dimensioni. Si tratta infatti di un business model che non funziona più, dal momento che necessita di competenze troppo elevate in termini di post vendita. La tendenza è quella di utilizzare la tecnica degli inverter di stringa. Inoltre, anche in ambito utility lo storage sarà sicuramente tecnologia del futuro sia per stoccaggio dell’energia che per assicurare stabilità alla rete”.

L’innovazione negli inverter

Il vantaggio nell’innovazione di Fimer è quello di poter contare su un dipartimento di ricerca e sviluppo estremamente forte (circa 50 milioni di euro investiti nell’ultimo anno e mezzo), dal momento che tutte le novità introdotte in questi anni negli inverter sono state realizzate internamente. Fimer, ad esempio, ha scelto di puntare sulla AI per modellare l’interfacciamento con la rete, oppure per abilitare la manutenzione predittiva, con i dispositivi che acquisiscono la possibilità di trasmettere informazioni al service, così da intervenire al momento giusto. Inoltre gli inverter hanno acquisito della capacità computazionale, tanto da diventare dei veri e propri computer che possono interfacciarsi con l’esterno e possono anche ricevere comandi dall’esterno, così da contribuire al bilanciamento della rete e alla domotica. Questa evoluzione tecnologica è stata accompagnata anche da mutamenti rilevanti nella filiera italiana del fotovoltaico, ovvero da quelle aziende che si preoccupano concretamente della realizzazione degli impianti: “C’è stata sicuramente una specializzazione: agli inizi del nostro percorso, chiunque installava impianti fotovoltaici, dall’elettricista di Paese al grande gruppo. Oggi, invece, ci sono anche gruppi specializzati nella distribuzione, che assicurano anche un’assistenza post vendita. Il mercato – ed è un discorso valido per il segmento commerciale – è più polarizzato, con meno soggetti che generano più volumi. Il mercato utility scale, invece, resta sostanzialmente dominato dalle utility e dai grandi investitori”.

I problemi delle rinnovabili in Italia

Carzaniga interviene poi su alcuni temi caldi del dibattito relatico fonti rinnovabili. Sulla possibile carenza di materiali e componenti, ad esempio evidenzia come si tratti di un problema effettivo: “Questo problema ha molto più impattato della pandemia dell’anno scorso. È un tema molto pesante da gestire, che allunga necessariamente i tempi di consegna, anche di mesi, a volte si arriva a dover fermare le linee di produzione per la mancanza di componenti. Abbiamo previsto nei nostri piani di sviluppo che si potrebbe arrivare a una regolarizzazione la situazione nel primo trimestre del 2022. Speriamo naturalmente anche prima, dal momento che molti progetti nel fotovoltaico in questa fase vengono rimandati, sia per le materie prime alle stelle che per i ritardi temporali”.

A bloccare fotovoltaico e rinnovabili ci sono però anche ragioni di carattere normativo: “Il ministro Cingolani ha recentemente parlato di 3 GW di installazioni fermi per sovrintendenze locali. Questo è il vero problema dell’Italia. In Spagna dal 2017 si è invece ripartiti a un ritmo di 3-4 GW l’anno, numeri molto lontani dai nostri. Il problema nazionale rimane sempre l’execution: a livello di intenzioni gli obiettivi sono sempre altissimi, ma poi ci si scontra con burocrazia locale, provinciale e regionale. Finché non si sburocratizza il rischio è quello di non centrare gli obiettivi al 2030”.

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Gianluigi Torchiani

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