Fonti Pulite

Rinnovabili, a rischio gli obiettivi del PNIEC

Secondo il Renewable Energy Report dell’Energy & Startegy Group del Politecnico di Milano il brusco stop alle installazioni conseguente alla pandemia rischia di aumentare le difficoltà del comparto verso il raggiungimento degli obiettivi al 2030

Pubblicato il 24 Giu 2020

ai energia

La pandemia Covid-19 rischia di complicare i piani, già in partenza non semplici, di decarbonizzazione del sistema elettrico italiano. Questa la principale indicazione che arriva dall’analisi del Renewable Energy Report 2020 realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Come ha messo in luce l’analisi di Umberto Bertelè, infatti la crisi economica che si è accompagnata all’emergenza sanitaria è senza precedenti per l’economia globale, con passi all’indietro del Pil delle nazioni (compresa l’Italia) superiori alla doppia cifra e un indebitamento pubblico crescente. In questo contesto, è possibile trovare fondi – sia privati che pubblici – sufficienti per finanziare gli ingenti investimenti di decarbonizzazione? La sfida si prospetta  difficile, anche perché negli ultimi anni l’avanzata delle rinnovabili non è stata spettacolare, anche per via di incertezze normative di varia natura, tanto da porre più di un interrogativo sulla reale possibilità di raggiungere i target che l’Italia si è prefissata con il PNIEC. Ma andiamo con ordine, per esattezza partendo dai dati relativi alle rinnovabili relativi al 2019: la nuova potenza installata in Italia lo scorso anno è stata infatti di circa 1.210 MW, oltre 50 MW in più (+4%) rispetto al 2018. A dicembre 2019, complessivamente la potenza installata da rinnovabili superava così i 55 GW (37 GW se si esclude l’idroelettrico “storico”).

Un’avanzata troppo lenta

L’incremento del 2019, dunque nell’era pre Covid, è stato però limitato, osserva l’Energy & strategy Group e ha praticamente interessato soltanto due fonti, vale a dire eolico e fotovoltaico. Il solare, in particolare, ha guidato la classifica delle nuove installazioni con 737 MW, 310 dei quali nei soli mesi di novembre e dicembre. Questi dati valgono un +69% sul 2018, pari a un valore di oltre 850 milioni di euro e in grado di fare salire il volume complessivo di potenza installata a 20.850 MW. Un aspetto significativo è la tendenza al ritorno degli impianti di grande taglia (34% del totale in potenza) rispetto al settore residenziale, che comunque resta ancora maggioritario (36%). L’altra grande fetta delle nuove installazioni nelle rinnovabili è appannaggio dell’eolico segue con 413 MW (per un valore di poco più di 450 milioni di euro), che permettono di portare il volume complessivo di potenza a oltre 10.600 MW localizzata per la quasi totalità nelle regioni del Sud. Per l’energia del vento italiana si tratta comunque di un passo indietro (-19%) ispetto allo scorso anno (511 MW), anche per via del ridotto contributo dell’ultimo trimestre 2019, pari a 1,8 MW. Chiudono la classifica delle nuove installazioni, molto distanziati, l’idroelettrico e le biomasse, che si fermano rispettivamente a 41 e 20 MW.

Eolico e fotovoltaico indietro sui target

Grazie anche a queste nuove installazioni, nel 2019 le rinnovabili elettriche hanno contribuito alla copertura del 40,1% della produzione e del 35,6% della domanda elettrica nazionale, che ha raggiunto i 319,5 TWh. Il problema è che questi dati non eccelsi vanno a sommarsi alla crisi da Covid-19 che, in parte per il blocco dei cantieri, in parte per la diminuzione della fiducia degli investitori, porteranno con tutta probabilità a un decremento notevole (-50%) della nuova capacità installata nel corso del 2020. Per raggiungere così gli obiettivi intermedi fissati dal PNIEC al 2025 il solare dovrebbe aumentare la capacità installata al ritmo di 1,48 GW/anno, ovvero il doppio di quanto registrato nel 2019, così da raggiungere il target di 28,55 GW di capacità. Discorso simile per l’eolico, che dovrebbe incrementare la capacità installata al ritmo di 1 GW/anno, in media, per raggiungere 15,95 GW al 2025. A questo quadro occorre aggiungere il comparto dei sistemi di accumulo, per i quali bisognerà installare 3 GW di impianti centralizzati nei prossimi 5 anni e 4,5 GW di installazioni distribuite entro il 2030. Il rischio concreto è che, ipotizzando dal 2021 le installazioni riprendano a un tasso di crescita pari a quello del 2019, al 2030 si avrebbe un divario rispetto all’obiettivo del PNIEC di oltre 23 GW per il fotovoltaico e di 3,5 GW per l’eolico.

Tutte le difficoltà delle rinnovabili

Ma da dove nascono queste difficoltà per le fonti pulite? Molto è legato alla situazione della normativa: il Decreto Fer 1, che nel 2019 ha reintrodotto l’incentivazione diretta delle rinnovabili, sta funzionando peggio di quanto si poteva pensare. Gli impianti fotovoltaici ammessi agli incentivi valgono appena 20 MW su un contingente disponibile di circa 900 MW. Non solo: esistono 1 GW di progetti autorizzati e altri 8 progettati, ma secondo gli operatori la grande maggioranza di questi non potrà beneficiare degli stanziamenti previsti dal decreto, fattore che potrebbe compromettere l’effettiva realizzazione degli impianti. Un po’ meglio le cose vanno per l’eolico, ma i contingenti delle prime aste non sono stati completamente riempiti e le cose dovrebbero peggiorare nella terza asta. Esiste, insomma, un disallineamento tra sistemi incentivanti e operatori, che potrebbe compromettere l’effettivo raggiungimento dei traguardi al 2030. La fiducia degli investitori, già ben prima del Covid, era inoltre fiaccata dalle tempistiche autorizzative: la stima è che dalla progettazione di un impianto alla sua effettiva realizzazione passino 42 mesi, ovvero quasi 4 anni, di cui 12-24 di iter autorizzativo vero e proprio. Tempistiche che scoraggiano, considerati anche i continui cambiamenti normativi a cui è sottoposto il settore e che rischiano di destabilizzare i business plan. Sullo sviluppo delle rinnovabili incombono poi altri rischi: dal momento che questi impianti tendono a produrre energia nelle stesse ore della giornata, tendono a trascinare verso il basso il prezzo dell’elettricità sui mercati, con un effetto cannibalizzazione. Non a caso, secondo gli operatori, servirebbe un meccanismo di formazione dei prezzi di nuova concezione, che riesca a salvaguardare gli investitori.

Le policy da cambiare per centrare i traguardi

Numerose sono, in effetti le proposte avanzate nel report: si va dalla revisione delle detrazioni fiscali alla semplificazione, uniformazione e definizione dei tempi dell’iter autorizzativo, dall’individuazione dei siti non idonei alla revisione del conto termico, dall’apertura del Mercato dei Servizio di Dispacciamento (MSD) al Power Purchase Agreement (PPA) con la Pubblica amministrazione, dalla definizione dell’iter autorizzativo per lo storage al recepimento del RED II, la direttiva UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. “Se si vogliono raggiungere i risultati che ci si è posti è necessario modificare in maniera sostanziale gli strumenti di policy che regolano e sostengono il mondo delle rinnovabili – ha evidenziato Davide Chiaroni, Vicedirettore dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano -. I meccanismi incentivanti previsti dal Decreto FER1 risultano infatti assolutamente insufficienti, perché è la stessa ‘tenuta’ del sistema delle energie alternative a essere messa in discussione: se nel 2019 si celebrava il Green New Deal annunciato dalla Commissione UE, ora è assai probabile che parte significativa di quelle risorse sarà devoluta al sostegno dell’economia nel suo complesso. Perché ciò non accada, occorre che la spinta alla ricostruzione economica e industriale abbia le rinnovabili come cardine fondamentale, per un nuovo modello di sviluppo in grado di garantire un futuro più sostenibile e una maggiore qualità della vita. Lo spazio di azione e la volontà di collaborazione degli operatori ci sono ancora, è quanto mai importante sfruttare questo periodo di ‘stallo’ del mercato per lavorare sui provvedimenti legati al rilancio”.

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Gianluigi Torchiani

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