Non ci può essere transizione energetica senza la decarbonizzazione del settore dei trasporti: può essere interpretato così il rapporto La decarbonizzazione dei trasporti – Evidenze scientifiche e proposte di policy”, elaborato dagli esperti della Struttura Transizione Ecologica della Mobilità e delle Infrastrutture (STEMI) del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS). In effetti, in Italia il settore dei trasporti è direttamente responsabile del 25,2% delle emissioni di gas a effetto serra e del 30,7% delle emissioni di CO2, a cui si aggiungono le emissioni nel settore dell’aviazione e del trasporto marittimo internazionali. Non solo: il 92,6% delle emissioni nazionali di tutto il comparto è attribuibile al trasporto stradale di passeggeri e merci, settore per il quale si è registrato un aumento del 3,2% delle emissioni tra il 1990 e il 2019, in controtendenza rispetto al calo del 19% delle emissioni totali durante lo stesso periodo. Diventa dunque chiaro che per raggiungere gli obiettivi europei, del pacchetto ‘Fit for 55’, che prevedono la riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 e il loro azzeramento entro il 2050, non si possa prescindere da una riconversione green del settore della mobilità. Un percorso che, a differenza del settore elettrico (dove le rinnovabili assicurano una quota importante del fabbisogno), è a malapena incominciato, tra non poche difficoltà.
La convinzione degli esperti del Mite è che l’elettrificazione dei consumi rappresenti la strada maestra da perseguire. Invece, carburanti alternativi come biometano, idrogeno verde, biocombustibili avanzati e combustibili sintetici, a causa dell’attuale scarsa capacità produttiva e degli alti costi ad essa collegati, potranno servire a decarbonizzare trasporti più difficilmente elettrificabili, come quelli marittimi e aerei. Inoltre, mentre per alcuni mezzi (automobili, furgoni commerciali, autobus, treni) le tecnologie alternative sono già adottabili in larga scala, per altri (navi, aerei e camion a lunga percorrenza) la sperimentazione è ancora in corso ed è quindi necessario continuare a investire in ricerca e sviluppo. Ma vediamo più nel dettaglio quali sono le previsioni degli esperti ministeriali (tra cui Nicola Armaroli) sui diversi sottosettori della mobilità .
Automobili e furgoni commerciali
In questo contesto, i veicoli elettrici a batteria (BEV) appaiono l’opzione più idonea per raggiungere gli obiettivi al 2030, sia in termini di efficienza energetica, sia di riduzione delle emissioni. Secondo gli autori del report, già con il mix energetico attuale (sbilanciato verso il gas), infatti, la sostituzione dei veicoli a combustione interna, che oggi rappresentano il 99% del trasporto stradale italiano, con veicoli elettrici comporterebbe per il nostro Paese una riduzione del 50% delle emissioni sul ciclo di vita del trasporto leggero su strada. Un risultato ancora migliore si otterrebbe aumentando la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, come già previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Dal punto di vista dei costi, la mobilità elettrica è promossa come la soluzione più praticabile considerando che, sull’intero ciclo di vita, il costo totale di possesso e utilizzo di un’autovettura privata a trazione elettrica è inferiore a quello di una con motore a combustione interna , con un impatto ambientale minore. Nonostante queste premesse positive, c’è ancora da fare: occorre potenziare l’infrastruttura di ricarica e investire sulla produzione industriale nazionale di batterie e di veicoli, favorendo il riciclo dei materiali rari. Per quanto riguarda i motocicli, anche in questo caso l’alimentazione elettrica appare la migliore soluzione per la decarbonizzazione anche grazie alle dimensioni ridotte delle batterie.
Autobus
Anche per il trasporto pubblico locale (TPL), in particolare quello urbano, è individuata come la migliore opzione in termini infrastrutturali e di riduzione delle emissioni. In ambito extraurbano si registra l’aumento di veicoli a batteria con autonomia sempre maggiore (fino a 600 km). Anche l’idrogeno verde potrebbe comunque rappresentare un’opportunità, in particolare nelle cosiddette hydrogen valleys, cioè distretti in cui la produzione di idrogeno è funzionale alla decarbonizzazione anche di altri settori industriali (chimica, fertilizzanti, acciaio, processi ad alta temperatura).
Camion
Diversa è la situazione per i trasporti pesanti, in cui sono identificate tre possibili alternative per sostituire i mezzi ad alimentazione tradizionale: i veicoli a batteria, con necessità di ricarica ad altissima potenza (1 MW) o di scambio delle batterie (battery swap), i veicoli elettrici alimentati attraverso una linea aerea installata sulle autostrade e, a certe condizioni, i veicoli a idrogeno verde. Dalle analisi contenute nel Rapporto risulta che un camion elettrico possa conseguire risparmi fino al 70% delle emissioni calcolate sul suo ciclo di vita. Su questo punto, però difficilmente l’Italia potrà procedere in maniera autonoma: le scelte da compiere dovranno essere necessariamente condivise con i partner europei e i Paesi confinanti per convergere su standard comuni e consentire una reciproca interoperabilità, si legge nel report.
Treni
Meno complicato appare il quadro per il settore ferroviario, che è caratterizzato da emissioni più basse per unità di trasporto ed è anche quello più flessibile in termini di diversificazione energetica grazie, soprattutto, all’elettrificazione diretta. p Laddove l’elettrificazione non risulti possibile per questioni tecniche o economiche, il Rapporto suggerisce la sostituzione degli attuali treni trainati a gasolio con mezzi a batteria, ibridi o, in alcuni contesti, a idrogeno verde.
Navi
Nel contesto navale, che abbiamo affrontato anche in questa intervista con GNV; l’abbattimento delle emissioni dipenderà sia dallo sviluppo di navi più efficienti dal punto di vista energetico, sia dalla transizione verso vettori energetici decarbonizzati. Per le distanze brevi l’elettrificazione è una tecnologia già sperimentata a livello internazionale con le navi traghetto a batteria. Per le distanze più lunghe, ad esempio quelle percorse da navi container o dalle navi da crociera, le prospettive per la riduzione dell’impatto ambientale sono rappresentate soprattutto dall’impiego di metanolo e idrocarburi sintetici, biocombustibili, idrogeno e ammoniaca. Come noto, si tratta di combustibili alternativi ancora in fase sperimentale e pertanto è fondamentale investire in ricerca e sviluppo per accelerarne l’adozione. Un byin supporto potrebbe arrivare dall’elettrificazione delle banchine nei porti (cold ironing) per alimentare le navi ormeggiate, che potrebbe ridurre le emissioni inquinanti: circa l’11% delle emissioni globali di gas serra del comparto marittimo è infatti prodotto da navi ancorate o ormeggiate, una quota che supera il 20% nel caso di petroliere e navi per il trasporto di prodotti chimici.
Aerei
Simile è la situazione dell’aviazione: la decarbonizzazione nel settore aereo richiede soprattutto l’efficientamento dei mezzi. Secondo il report STEMI è infatti possibile ridurre le emissioni migliorando l’efficienza degli aeromobili attualmente in uso e senza modifiche radicali della forma del velivolo e del sistema propulsivo. Un ulteriore decremento delle emissioni potrebbe arrivare dalla futura disponibilità di aerei piccoli a propulsione elettrica per tratte brevi, mentre per le distanze più lunghe le migliori prospettive per la decarbonizzazione sono rappresentate dai Sustainable aviation fuels (SAF), ovvero biocombustibili sostenibili e idrocarburi sintetici, questi ultimi ancora in fase di sviluppo.