Buona parte dell’energia necessaria al nostro fabbisogno passa attraverso condotte e condutture: se n’è parlato tantissimo in occasione della crisi del gas del 2022, ma in questo discorso rientrano anche altre fonti, come petrolio e idrico e, in un futuro sempre più prossimo, biometano e idrogeno. Queste condotte, spesso e volentieri di importanza strategica, possono naturalmente essere soggette a problemi e disservizi di varia natura, con conseguenze anche catastrofiche. La robotica, secondo PipeIn, può rappresentare una soluzione, consentendo una manutenzione di tipo evoluto di queste infrastrutture. Si tratta di una startup torinese che ha chiuso ad aprile il suo primo aumento di capitale da 725 mila euro, grazie alla sottoscrizione di RoboIT, il Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico per la Robotica e l’Automazione Industriale, nato su iniziativa del fondo Technology Transfer di CDP Venture Capital e da Pariter Partners. Le nuove risorse, che hanno portato la raccolta totale ad oltre 800 mila euro, permetteranno a PipeIn di assumere nuove figure chiave per lo sviluppo tecnico e di aumentare il livello di maturità tecnologica alla base del proprio servizio di ispezione e manutenzione delle condotte.
Le origini di PipeIn
Come racconta a EnergyUp.Tech il CEO Alessandro Minori, “PipeIn è stata fondata nel novembre 2021, quando il nostro progetto è stato selezionato tra le startup partecipanti al primo pitch dell’acceleratore Zero, l’acceleratore della rete di CDP. Prima di allora ci eravamo conosciuti durante un evento organizzato dalla SEI, SEI – School of Entrepreneurship & Innovation di Torino. Siamo infatti tutti ex studenti di ingegneria del Politecnico di Torino, anzi all’epoca alcuni di noi non avevano ancora finito gli studi. La partecipazione a Zero ci ha fatto pensare di poterci dedicare full time a questo progetto”. Ma in che cosa consiste esattamente l’idea alla base di PipeIn? “La nostra soluzione ha due anime: innanzitutto un robot (Shark4), che viene inserito all’interno delle tubature per raccogliere dati utili sullo stato di salute della tubatura. Per la precisione siamo in grado di valutare la presenza di corrosione, andando a misurare l’assottigliamento della parete della condotta. Possiamo poi unire questi dati raccolti nel corso delle ispezioni con altri parametri che sono già in possesso del cliente, come per esempio il raggio di curvatura della condotta, la pressione, il diametro e le caratteristiche del fluido, per poi formare un dataset comune che andiamo a processare attraverso un algoritmo predittivo AI. Infine, i nostri clienti possono osservare i risultati in una piattaforma web, che contiene una ricostruzione grafica della condotta in cui possono essere visualizzati i punti più danneggiati e critici. Inoltre prevediamo di riuscire a fornire delle indicazioni sul rischio di rottura del segmento di condotta che andiamo a ispezionare”. Il design del robot è stato progettato interamente dalla startup torinese e anche per quanto riguarda la parte software lo sviluppo dell’algoritmo è avvenuto internamente.
I benefici della manutenzione predittiva
Ma quali sono i vantaggi per il mondo utility? “Adesso si effettua una manutenzione di tipo preventiva, questo vuol dire che ogni tanto si va a ispezionare una determinata condotta per verificare se qualcosa è cambiato rispetto alle ispezioni precedenti. Un approccio che presenta degli svantaggi, nel senso che si dedicano lo stesso numero di risorse in tutti i segmenti della condotta. Dunque i tratti in buone condizioni saranno sostanzialmente sovra ispezionati, mentre quelli che si trovano in condizioni più critiche risulteranno sempre sotto ispezionati.
Inoltre, occorre considerare nel mondo Oil & gas ci sono alcune condotte che sono talmente importanti da un punto di vista strategico, che quasi non si corre il rischio di ispezionarle, perché l’eventuale blocco della condotta potrebbe essere molto doloroso per le utility. Avere un modello predittivo consente di tenere sotto controllo anche questo tipo di condotte, concentrando al meglio le risorse. In particolari quello che cambia moltissimo è sulla manutenzione straordinaria, dal momento che se c’è un evento catastrofico i costi sono altissimi. All’inizio di aprile di quest’anno è avvenuto un guasto in una condotta di un impianto idroelettrico in provincia di Bergamo, che ha portato alla temporanea evacuazione di alcune abitazioni. Inutile dire che nell’Oil & gas i rischi ambientali sono enormi in caso di condotte marine. Infine, un ulteriore aspetto positivo della manutenzione predittiva è l’aumento della vita media della condotta”.
Gli sviluppi futuri
PipeIn ha già realizzato due progetti pilota, testando la tecnologia su due condotte idriche. Proprio i risultati di questi test, condotti in estate, hanno permesso di raccogliere interesse degli investitori. In particolare l’aumento di capitale consentirà a PipeIn di accelerare il lancio sul mercato della prima versione commerciale di Shark4, per l’appunto il robot dotato di sensori in grado di monitorare l’evoluzione dello stato di salute di tubature. Nello stesso periodo la startup effettuerà una ulteriore serie di progetti pilota indispensabili per la validazione del prodotto, che deve garantire i massimi standard di sicurezza e affidabilità, anche dal punto di vista della sicurezza informatica. “Sicuramente il prodotto per l’idroelettrico sarà il primo che lanceremo sul mercato, ma il nostro obiettivo è essere un’azienda di robotica capace di fornire soluzioni per tutte le condotte, che possono essere di diversa natura. Stiamo parlando già con alcune utility del settore energetico, perché c’è l’esigenza di andare a ispezionare tubi più piccoli e con caratteristiche diverse, quindi la nostra idea è adesso di crearci il necessario know how per poi sviluppare un portafoglio che possa soddisfare esigenze differenti”.
L’approccio all’Open Innovation
Nonostante questi passaggi positivi, il fondatore di PipeIn mantiene equilibrio sulle prospettive dell’Open Innovation nel settore energy: “Sicuramente ci sono realtà molo virtuose sul tema, dove cioè esiste un buon livello di dialogo tra il team che si occupa di Open innovation e la parte tecnica, ovvero le persone che gestiscono impianti. In alcune realtà questa collaborazione funziona bene, in altre meno. Non sempre c’è una struttura che permetta a soluzioni come la nostra di essere effettivamente testate, coordinando il necessario raccordo con le operations. Per quanto riguarda il dialogo con soggetti come le utility, in una fase iniziale non è particolarmente complesso, quando però si vuole effettivamente mettere a terra diventa molto complicato Banalmente possono passare da 3 a 6 mesi per diventare fornitori ed emettere una fattura. Tempistiche che possono essere lunghissime per una startup come la nostra”.
Articolo originariamente pubblicato il 10 Mag 2023