Il mondo dell’energia è chiamato ad affrontare numerose sfide nel prossimo futuro: la decarbonizzazione, il climate change, l’elettrificazione, le comunità energetiche, la mobilità sostenibile, ecc. Per risolverle è necessario uno sforzo in termini di innovazione, pur nella consapevolezza che nell’energia non esisterà mai una singola killer application capace di risolvere in un colpo solo tutti problemi. Proprio ai cambiamenti tecnologici che stanno interessando il mondo dell’energia è dedicata la seconda edizione dell’Energy Innovation Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che sarà ufficialmente presentato durante il convegno digitale previsto il prossimo 30 settembre.
Energia: il fermento del mercato sull’innovazione
Come racconta in anteprima a EnergyupTech il responsabile della Ricerca, Federico Frattini, “Il mondo dell’energy è diventato estremamente dinamico, con moltissimo fermento. L’obiettivo del report è capire quali sono le direzioni in cui le imprese stanno puntando in termini di innovazione e individuare i principali trend, sia di breve che di medio- lungo periodo”. Un trend che appare evidente dall’analisi del report è la crescente importanza delle startup nell’innovazione energetica: “Oggi il paradigma che si sta affermando nel mondo energy, già da qualche anno a questa parte, è quello dell’Open innovation. Ovvero per queste imprese, per le utility in particolare, fare innovazione solo internamente è molto difficile, perché la diversità e il numero delle competenze e delle esperienze che servono per innovare in questo campo sono davvero molto numerose ed è complesso, se non impossibile, possederle tutte internamente”, evidenzia Josip Kotlar dell’Energy & Strategy Group. In questo senso la strategia dell’Open Innovation si compone di tante iniziative, come ad esempio l’inaugurazione di Innovation Hub e l’avvio di Call 4 startup, trovando il suo punto culminante (e più evidente) negli investimenti. Basti pensare che lo studio di Energy & Strategy ha identificato nel periodo 2015-2019 ben 137 acquisizioni di startup energy su scala globale, 45 nel solo 2019. Solo tre di queste operazioni hanno coinvolto startup con headquarter in Italia, ma il numero sale se si prendono in considerazione le realtà fondate da team italiani ma che hanno la loro sede operativa all’estero. Attualmente nel nostro Paese ci sono poi altre 18 startup attive nel settore, che sono per il momento, completamente indipendenti.
Attenzione crescente per la Smart mobility
Ma su quali startup hanno investito gli operatori del mondo energetico (non solo utility ma anche fornitori di tecnologia e produttori automotive)? In ambito Smart Grid, l’Energy Innovation report rileva un trend stabile negli ultimi anni, con acquisizioni che hanno interessato soprattutto giovani realtà che possiedono soluzioni hardware o pacchetti service, capaci di catturare l’attenzione di utility e fornitori di tecnologia. Per quanto riguarda l’area Smart Building si è al contrario assistito negli ultimi anni a una decrescita delle acquisizioni: in questo caso si è guardato soprattutto a startup capaci di garantire un’offerta combinata di hardware e software. Al centro dell’attenzione degli investitori, soprattutto automotive, c’è l’ambito Smart Mobility, caratterizzato da numerose acquisizioni di startup con competenze su aspetti service e hardware. Ugualmente, sono molto ambite le startup che hanno a che fare con l’energy storage, soprattutto da parte dei produttori di batteria. Sul fronte startup attive in ambito energie rinnovabili, invece, il report dell’Energy & strategy segnala un decrescente numero di acquisizioni, frutto soprattutto dell’attività di utility e imprese attive nell’asset management.
Ecosistemi complessi da innovare
“Oggi c’è una maggiore propensione da parte degli incumbent a investire ancora in aziende molto giovani e non del tutto strutturate, magari anche rischiando qualche investimento sbagliato pur di accedere a competenze e tecnologie chiave per la competitività – sottolinea Kotlar – . In questo momento la Smart Mobility la fa da padrona, possiamo dire che sia l’ambito in cui si esprime maggiormente l’innovazione da parte delle startup, e che attira il più delle attenzioni da parte delle imprese mature. Forse perché è il settore dell’energy, in cui l’innovazione è più multidisciplinare, richiede competenze e strutture organizzative particolarmente variegate. Tutto questo, unito al trend dell’elettrificazione dei trasporti, porta a un grande fabbisogno di nuove soluzioni, andando così a stimolare attività delle startup. Ambiti come le rinnovabili hanno invece alle spalle una storia più lunga, con un numero significativo di startup operanti in questo ambito, ma in leggera decrescita negli ultimi anni. Anche l’energy storage sta emergendo, c’è tantissima attenzione sulla capacità delle batterie di performare sia in termini di durata, velocità di ricarica, e interoperabilità. Potremmo dire che nello storage domina l’attenzione all’innovazione tecnologica, mentre nella smart mobility c’è invece più necessità di mettere a punto servizi capaci di gestire ecosistemi complessi, in ottica open innovation. Nella mobility, tra l’altro, rileviamo un buon livello di attività delle aziende italiane, che costituiscono la maggioranza delle 18 startup da noi censite”.
Corrono gli investimenti di minoranza
Emerge poi un’alternativa a quella dell’acquisizione vera e propria, vale a dire gli investimenti di Corporate Venture Capital, che comportano l’acquisizione di una quota di minoranza di startup e giovani imprese innovative, con l’intento di sostenerne la capitalizzazione e godere nel futuro i ritorni economici: “Abbiamo notato una crescita abbastanza costante delle utility in questo tipo di operazioni: dai 20 deal del 2015 si è arrivati agli attuali 40. Il valore finanziario di questi investimenti, nel solo 2019, valeva 400 milioni di dollari. Certo, i provider tecnologici sono ancora più attivi, con 33 deal nel 2015 e 72 nel 2019, arrivando a quasi 3 miliardi di dollari di investimenti in totale. Per non parlare del mondo automotive, il cui valore complessivo degli investimenti CVC ammonta a 6,7 miliardi di dollari: si tratta comunque di attori già da tempo abituati a investire al di là dei loro confini abituali, dunque questo spiega l’esistenza di volumi molto più importanti. Le utility si stanno comunque muovendo in fretta e con maggiore coscienza rispetto al passato, anche attivando investimenti in cordata con altre imprese e attori finanziari” puntualizza Frattini. Il mondo energy, insomma, è sempre più pervaso da una logica di open innovation, volta cioè ad arricchire gli operatori con idee che arrivano dall’esterno. “Vale la pena sottolineare che una delle grandi sfide che rimane è quella poi dell’integrazione, ovvero come riuscire a utilizzare questi investimenti all’interno del proprio modello di business. Un passaggio chiave per le utility è dunque quello di dotarsi di strutture organizzative adeguate ad accogliere l’innovazione che arriva dalle startup”, conclude Frattini.