Le recenti crisi globali, dai conflitti geopolitici alle emergenze sanitarie e ambientali, non hanno fatto che accentuare il carattere di incertezza e instabilità che contraddistingue le catene di fornitura. Le aziende si trovano quindi di fronte alla necessità di ripensare i propri modelli operativi per garantire la continuità del business anche in condizioni avverse e ridurre al minimo l’esposizione ai rischi, oltre che per rispondere alle crescenti aspettative di sostenibilità che arrivano dai consumatori, dagli investitori e dall’evoluzione delle recenti normative.
La capacità di gestire la propria rete di fornitura in modo affidabile, responsabile e sostenibile è diventata una priorità strategica che richiede di assumersi la responsabilità delle proprie azioni lungo tutta la supply chain rispettando le normative vigenti che chiedono una maggiore trasparenza nelle operazioni, la garanzia di condizioni di lavoro dignitose, e un impegno concreto nella riduzione dell’impatto ambientale attraverso pratiche che gestiscano consapevolmente, ad esempio, le emissioni di CO2, l’uso delle risorse e la gestione dei rifiuti.
In un contesto fortemente perturbato per le supply chain, l’innovazione tecnologica da un lato e l’approccio data-driven dall’altro diventano strumenti essenziali a supporto della raccolta e classificazione ed elaborazione dei dati (anche in materia ESG) che riguardano il comportamento dei fornitori, permettendo alle aziende di prendere decisioni informate e di anticipare problematiche che potrebbero mettere a repentaglio l’affidabilità e la competitività del brand.
All’evento “Supply Chain: Affidabile, Responsabile & Sostenibile – Strumenti tecnologici e metodologie innovative per valutare i fornitori” si è discusso di come è possibile mappare in modo agile l’esposizione dei fornitori al rischio di interruzione della catena di fornitura e rilevare automaticamente l’osservanza dei principali standard e modelli di gestione imposti da norme volontarie, nazionali ed europee tramite l’innovativo approccio basato sull’Intelligenza Artificiale e sui Big Data Analytics di P4I, azienda del Gruppo Digital360.
ConsulTech, il nuovo volto digitale della consulenza
Un approccio che ha il suo punto di riferimento nel concetto di ConsulTech. “Una modalità innovativa ed efficace di fornire servizi di advisory di alta qualità – ha spiegato Luca Galetti, Partner Governance, Risk & Compliance P4I – che affonda le proprie radici in una solida base di competenze e know-how di una società di consulenza, la arricchisce con soluzioni tecnologiche innovative, che automatizzano e digitalizzano i servizi offerti e li mette a disposizione anche in modalità self-service. Un approccio che nel caso delle organizzazioni più strutturate consente di utilizzare questi strumenti in autonomia”.
Innovazione tecnologica, esperienza e know-how dei consulenti
L’esperienza progettuale in diversi settori, l’introduzione di metodologie e strumenti che ingegnerizzano e standardizzano l’approccio, i servizi offerti e l’integrazione di asset tecnologici e banche dati, segnano il passaggio dall’offerta di servizi stand-alone a vere e proprie soluzioni integrate, dove l’innovazione tecnologica si fonde con l’esperienza e il know-how dei consulenti.
Grazie al digitale, la ConsulTech offre diversi vantaggi come la riduzione dell’effort per attività a basso valore aggiunto, il miglioramento della qualità e la riduzione del rischio errori negli elaborati prodotti, la valorizzazione delle competenze, l’accesso on-demand al know-how e agli strumenti del consulente, un maggiore controllo e consapevolezza dello stato dell’organizzazione, e infine la riduzione della complessità nella gestione della relazione con attori esterni con cui si trova ad interagire il cliente.
Le soluzioni ConsulTech si articolano in servizi verticali una tantum basati su asset tecnologici (come C-Readiness Assessment), servizi erogati su base continuativa che integrano asset tecnologici (di cui fanno parte Suppliance360, DPO & Privacy Manager, 231 Manager & OdV, QHSE & Sustainability Manager ecc.) e vendita di asset tecnologici che hanno anche on top attivazione servizi specialistici (come Switch360 e 360DigitalSkill).
Evoluzione supply chain: in crescita perturbazioni, complessità e normative
Si può dire che oggi le aziende siano letteralmente sommerse da una mole enorme di dati, ma per tenere sotto controllo l’esposizione al rischio e la compliance ESG della supply chain è necessario adottare un approccio data-driven nella valutazione dei fornitori. Questo significa trasformare dati sparsi e frammentati in una base solida su cui costruire decisioni strategiche. “La nostra esperienza dimostra che questo metodo funziona. Il vero limite non è la quantità di dati disponibili, ma la capacità e creatività nel reperirli e utilizzarli efficacemente” ha dichiarato Marco Perona, Ordinario di Supply Chain Management presso l’Università degli Studi di Brescia che ha aperto il suo intervento delineando l’evoluzione che negli ultimi anni ha interessato le catene di fornitura.
Innanzitutto, le filiere si sono deverticalizzate: le aziende non producono più in autonomia tutti i componenti, ma si concentrano sull’assemblaggio finale, delegando la produzione di parti e gruppi di componenti a fornitori su vari livelli, il che ha introdotto una complessità maggiore nella gestione della supply chain.
Parallelamente, la globalizzazione ha spostato la produzione verso aree più economiche, soprattutto per le lavorazioni ad alta intensità di manodopera e nonostante recenti rallentamenti, questo fenomeno rimane rilevante. Allo stesso tempo le tecnologie lean, che hanno visto le prime applicazioni nell’industria automobilistica giapponese, hanno insegnato a tantissime aziende di altri settori a operare con flussi tesi e scorte minime, in maniera da sviluppare business estremamente asciutti ed efficienti.
Un altro fenomeno significativo è quello della “coda lunga“: la diversificazione delle gamme di prodotti, con varianti sempre più numerose e personalizzate, ha aumentato la complessità della supply chain. Questo scenario viene poi “esasperato” da una serie di fattori esogeni come eventi geopolitici, disastri naturali, cambiamenti normativi e progresso tecnologico, creando un contesto estremamente volatile e imprevedibile.
Perché è diventato indispensabile valutare i fornitori
“Il combinato disposto di tutti questi fattori ha portato evidentemente a uno scenario enormemente perturbato per cui l’interruzione del processo primario viene considerato l’aspetto più critico nell’ambito del procurement. Ma sono almeno tre i motivi chiave per cui è indispensabile e sempre più importante valutare i fornitori” ha continuato Perona.
Prima di tutto, i fornitori contribuiscono in misura sempre maggiore alla creazione di valore per il cliente finale. Con l’aumento della deverticalizzazione, una quota significativa del valore prodotto dalle aziende, spesso tra il 60% e l’80%, proviene dai fornitori. Ciò rende essenziale una valutazione accurata per garantire che i fornitori siano in grado di mantenere standard elevati.
Fenomeni come la coda lunga, le fluttuazioni dei mercati, gli eventi geopolitici e i disastri naturali si sommano alla frammentazione delle value chain, alla dispersione geografica, alla riduzione degli stock, rendendo sempre più instabile e imprevedibile il processo primario che deve far fronte a un aumento della probabilità del rischio di interruzioni. Anche perché sebbene l’efficienza e l’efficacia dei mercati siano migliorate, la resilienza è stata spesso trascurata, rendendo la continuità operativa sempre più ardua da assicurare.
È fondamentale poi convergere verso pratiche sostenibili di gestione d’impresa che nonostante possibili rallentamenti dovuti a contingenze politiche, costituisce una tendenza ormai inarrestabile. Le aziende devono quindi adottare best practice ESG per rimanere competitive e rispondere alle aspettative di mercato e ai dettami delle normative.
I vendor rating system tradizionali non bastano per scongiurare il rischio di fornitura
I risultati della ricerca condotta presso il Laboratorio RISE dell’Università di Brescia evidenziano un aumento costante delle interruzioni del processo primario. Parallelamente, l’adozione di pratiche di sustainability management nei campi ambientale, sociale e di governance sta diventando sempre più pressante per le aziende, a causa delle richieste che arrivano dal mercato, dalle normative e dai clienti. Questo contesto genera una serie di problematiche che possono influire negativamente sulla reputazione e la conformità legale delle aziende, pur trattandosi di imprese eccellenti.
Un avvertimento importante su cui si è soffermato Perona, riguarda le reti di fornitura italiane che sono ancora fortemente legate alla logica dei distretti. Questo ha il vantaggio di una maggiore prossimità geografica, ma anche lo svantaggio di coinvolgere spesso piccole aziende, che tendono ad essere meno solide. Un altro punto critico, emerso dalla ricerca, è che molte aziende italiane tipicamente non sono adeguatamente preparate a gestire queste emergenze. Solo il 46% delle 150 aziende manifatturiere italiane intervistate applica almeno una leva di mitigazione del rischio per diventare più resiliente, e tra queste, la maggioranza ne utilizza solo una o due: o una leva di prevenzione o di protezione, quindi atteggiamenti estremamente poco proattivi.
Le leve comunemente adottate per la valutazione dei fornitori includono procedure di vendor rating più o meno oggettive, integrate, formalizzate ed esplicite che riguardano sostanzialmente aspetti commerciali, del servizio e della conformità dei fornitori. E sebbene aiutino le imprese a tenere sotto controllo la capacità dei fornitori di partecipare alla generazione del valore, non sono sufficienti a garantire il controllo sul rischio di interruzione del processo primario e sulla compliance alle pratiche sostenibili. “Tanto che le aziende che eccellono in queste aree tendono ad avere un impatto ambientale e sociale elevato, una governance aziendale meno attenta ed integra, marginalità più risicate e un maggiore rischio di default” ha affermato Perona.
Innovazione e supply chain: un approccio data-driven per la valutazione dei fornitori
Per affrontare queste sfide, è necessario un approccio più completo nella valutazione della propria catena di fornitura, basato su dati quantitativi e oggettivi che coprano tutti e tre i criteri chiave:
- generazione di valore
- prevenzione delle interruzioni
- sostenibilità
Tendenzialmente, la raccolta di questi dati avviene mediante metodi inefficaci e difficilmente controllabili. Ecco perché è fondamentale lavorare sulle fonti dei dati e utilizzare tecnologie avanzate per raccoglierli ed elaborarli in modo più efficiente.
“Questo approccio fa parte di un più ampio fenomeno di valutazione dei fornitori che implica la popolazione di una “piramide” di dati che possono essere utilizzati per verificare il rispetto delle norme contrattuali, rinegoziare contratti, confrontare i risultati con gli obiettivi di business e le best practice, e impostare programmi di miglioramento e ridisegno della filiera, eliminando i fornitori meno performanti. La chiave è avere una visione completa” ha suggerito Perona.
Le PMI sono le meno attrezzate per intraprendere questo percorso
Per implementare un approccio data-driven nella valutazione dei fornitori, un’azienda deve prima essere in grado di reperire e raccogliere le informazioni necessarie. Un processo che spesso soffre di efficienza poiché implica processi labor-intensive e time-consuming a causa delle informazioni spesso incomplete e poco affidabili. Il secondo passo è avere la capacità tecnologica e organizzativa – che presuppone l’uso di web semantico, Intelligenza artificiale e Big Data – di aggregare progressivamente queste informazioni per arrivare a uno score complessivo.
In sintesi, ha concluso Perona “I passaggi fondamentali per comprendere l’esposizione ai rischi includono la capacità di identificare le fonti di rischio, valutare quantitativamente la probabilità di accadimento e la magnitudo del danno, attuare leve di mitigazione, prevenzione o protezione e infine, gestire eventuali incidenti in modo non emergenziale ma con piani predefiniti. Oggi l’esposizione ai rischi è aumentata per le aziende che non si sono premunite. Le più esposte sono tipicamente le piccole aziende, che hanno meno cultura della sicurezza, del rischio e del dato, e quindi sono meno attrezzate per affrontare questo percorso”.
Il rapporto tra ESG, compliance e supply chain
Alla necessità di mappare quanto più fedelmente l’esposizione ai rischi per essere in grado di prevenirli e affrontarli nel migliore dei modi, si aggiunge il tema della responsabilità di un’azienda che “oggi si estende ben oltre i confini aziendali tradizionali, abbracciando l’intera value chain. Questo significa che la responsabilità non si limita alla catena di fornitura a monte, ma si estende anche a valle, includendo tutte le fasi della produzione, distribuzione e vendita – ha precisato Sergio Fumagalli, Senior Partner ESG, Privacy & Security P4I – È impensabile che un incidente sul lavoro presso un fornitore non abbia ripercussioni sul committente, così come è impensabile che episodi di corruzione passati attraverso terze parti non coinvolgano l’azienda principale. Le normative moderne, sempre più attente e rigorose, esplicitano chiaramente la responsabilità dell’azienda rispetto alla propria supply chain”.
Conoscere e gestire il profilo ESG della catena di fornitura è un’esigenza indifferibile per diverse ragioni, che variano a seconda del contesto e del settore. Tuttavia, si possono individuare alcune variabili chiave che riguardano la reputazione aziendale che può essere gravemente danneggiata da pratiche non conformi lungo la supply chain, le richieste dei clienti che sono sempre più attenti alle pratiche ESG e richiedono trasparenza e sostenibilità, la possibilità di distinguersi dalla concorrenza e al contempo l’obbligo di conformità alle normative in materia per evitare sanzioni e mantenere la fiducia degli stakeholder.
CSRD e l’importanza di garantire la sostenibilità dei fornitori
Rispetto a quest’ultimo punto, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) impone alle aziende di adeguarsi a nuovi obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità entro i prossimi tre anni, con scadenze che variano a seconda delle dimensioni. Questo rappresenta un vincolo significativo che richiede di disporre di informazioni oggettive, tempestive, complete e confrontabili nel tempo e di differenziare la gestione in funzione del fornitore per ottimizzare il rapporto costi/benefici.
“La sostenibilità – ha sottolineato Fumagalli – introduce una nuova classe di dati, diversa dai dati finanziari tradizionali. Ogni variabile ha il suo criterio di misura, come le emissioni di CO2 in tonnellate. Affrontare seriamente lo sviluppo sostenibile richiede un processo complesso e strutturato, simile all’introduzione degli ERP, che comporta sfide significative ma gestibili grazie all’esperienza e alle tecnologie avanzate“.
Purtroppo attualmente, la gestione della sostenibilità dei fornitori si basa prevalentemente sulla somministrazione di questionari che sebbene utili, presentano diverse criticità. “Le aziende ricevono una miriade di questionari simili ma non identici, con finalità diverse che arrivano da clienti, banche e stakeholder, rendendo difficile rispondere a tutte le sollecitazioni. Inoltre, i questionari tendono a essere general purpose indipendenti dal settore di attività, dalla dimensione e dalla localizzazione geografica del destinatario, il che complica ulteriormente la raccolta di risposte accurate e utili” ha proseguito Fumagalli.
Il problema principale è l’eccesso di questionari, che crea un sovraccarico di lavoro e una bassa percentuale di risposte. Spesso i dati raccolti non sono di alta qualità o facilmente verificabili, rendendo difficile fidarsi delle informazioni ottenute. Inoltre, la gestione dei questionari e del processo di raccolta dati comporta costi elevati e un’efficacia limitata.
Strategie per la gestione ESG della supply chain: il ruolo dell’innovazione
“Per questo ci siamo posti una serie di obiettivi per migliorare il processo di valutazione dei fornitori in termini ESG – ha spiegato Fumagalli – Prima di tutto, è essenziale verificare se un fornitore dispone di una struttura organizzativa adeguata per gestire le tematiche di sostenibilità. Senza un presidio organizzativo, i dati forniti saranno episodici e poco affidabili. È fondamentale poter contare su informazioni aggiornate e tempestive. Invece di chiedere direttamente all’azienda, possiamo utilizzare dati già pubblicati per ottenere un quadro della situazione attuale. Inoltre, i dati pubblicati dall’azienda devono essere completi e non ripudiabili oltre che permettere un confronto nel tempo“.
Progressivamente, la piattaforma Suppliance360 aiuta le aziende a concentrarsi sulla maturità organizzativa ESG della supply chain, abituando i fornitori a pubblicare dati e a prendersi impegni in termini di sostenibilità. Infatti, potendo contare su tempi e costi certi per la rilevazione delle informazioni e su dati non contestabili, completi, omogenei e confrontabili nel tempo si è in grado di definire una strategia di analisi in funzione del livello di rischio. In casi critici, come per aziende situate in aree ad alta rischiosità, può essere opportuno condurre un audit sul posto. Per altri fornitori, si può procedere inviando solleciti e monitorando il progresso nel tempo, premiando chi si allinea agli standard richiesti e penalizzando chi non lo fa.
In che modo Suppliance360 aiuta ad avvicinare fornitori e ESG
Suppliance360 rappresenta una soluzione concreta di innovazione per le supply chain per gestire queste sfide in modo efficace e sostenibile poiché consente di monitorare e gestire la compliance ESG lungo tutta la catena di fornitura. Fornisce alle aziende gli strumenti necessari per valutare e migliorare le pratiche dei propri fornitori, garantendo che tutte le fasi del processo produttivo siano conformi alle normative e agli standard di sostenibilità.
La piattaforma tecnologica parte da un elenco qualificato di fornitori, arricchito con informazioni standard e conosciute. Successivamente, si definiscono una serie di tematiche in ambito ambientale, sociale e di governance, individuando indicatori rilevanti in funzione dell’analisi di materialità da ricercare nei siti dei fornitori. La tecnologia automatizza la raccolta e l’analisi di questi dati, sondando le fonti ufficiali dei fornitori per verificare la percentuale di copertura di queste keyword.
“Il processo annuale di aggiornamento permette di mantenere costante la qualità delle informazioni, di tracciare l’evoluzione delle risposte nel tempo e di confrontare i progressi anno dopo anno. Ad esempio – ha commentato Fumagalli – se l’anno scorso il 20% dei fornitori era certificato ISO 14001 e quest’anno la percentuale è aumentata al 25%, si può fissare l’obiettivo di raggiungere il 30% l’anno prossimo. Questo approccio differenziato tiene conto della specificità dei fornitori: un’azienda software potrebbe non essere valutata sugli stessi criteri ambientali di un’acciaieria”.
Suppliance360 offre una varietà di output, tra cui 17 indicatori che coprono diverse tematiche. Per fare un esempio, mentre la conformità al GDPR è ampiamente diffusa, solo il 6% delle aziende ha intrapreso iniziative sulla qualità di genere, nonostante incentivi e bandi pubblici. Questo permette di identificare aree di miglioramento e di sviluppare strategie mirate.
La piattaforma consente anche di segmentare i fornitori per tipologia e dimensione, offrendo una visione dettagliata della copertura in ciascun ambito ESG. Ad esempio, il una determinata percentuale delle aziende potrebbe non avere alcuna copertura sulle tematiche ambientali, mentre altre potrebbero mostrare lacune nel sociale o nella governance. L’obiettivo finale è focalizzarsi su ciò che è realmente importante per l’azienda.
In sintesi, Suppliance360 permette di impostare su basi obiettive una strategia per migliorare progressivamente il quadro che bilancia costi e benefici. Si può iniziare con un’analisi a basso costo, inviando email annuali per monitorare i progressi e sollecitare miglioramenti, e decidere successivamente se intraprendere ulteriori iniziative. Questo metodo consente di avere una visione evolutiva e di fissare obiettivi settoriali specifici, come la certificazione ISO 27001 per tutti i fornitori di informatica. Nei casi più critici, si possono condurre audit mirati, sia a livello nazionale che internazionale, per garantire la conformità dei fornitori più delicati.
Il caso Roche Diagnostics
Una delle aziende che ha deciso di adottare Suppliance360 per una gestione più sostenibile e responsabile della supply chain grazie all’innovazione è Roche Diagnostics, nata 125 anni fa a Basilea come una piccola farmacia e cresciuta fino a diventare un colosso nel settore farmaceutico e diagnostico. In Italia, Roche ha un campus a Monza che ospita tre divisioni: farmaceutica, diagnostica e una dedicata allo sviluppo di strumenti di ricerca.
“Come azienda diagnostica – ha affermato Sabrina Mazzolo, Procurement Manager Roche Diagnostics – Roche produce strumenti e reagenti che hanno un impatto significativo sull’ambiente, consumando energia, acqua e utilizzando sostanze chimiche potenzialmente dannose. Inoltre, la complessità della catena di fornitura di Roche in Italia, che conta circa 600 fornitori, rende essenziale l’attenzione alle performance e alla sostenibilità. I primi 100 fornitori generano il 94% del volume di acquisti, accanto alle valutazioni in termini di performance, rischi di fallimento e conformità contrattuale si considerano con maggiore importanza anche le tematiche ESG che sono sempre più importanti, sia perché sono un aspetto intrinseco della cultura di Roche, che si riflette anche nel suo ruolo nel settore sanitario. E poi si deve considerare anche una crescente domanda da parte dei clienti, principalmente ospedali pubblici e privati, e centrali di acquisto regionali, che vogliono conoscere con maggiore precisione come Roche si posiziona in termini di sostenibilità”.
“E non possiamo limitarci a considerare solo Roche, dobbiamo estendere questo impegno lungo tutta la nostra catena di fornitura. Ogni elemento della supply chain contribuisce al valore e alla sostenibilità ESG dell’azienda. Da qui nasce il progetto con Suppliance360, che ci permette non solo di rispondere alle richieste dei nostri clienti, ma rafforza la nostra posizione come azienda responsabile e sostenibile”.
Esigenze e obiettivi di compliance ESG dei fornitori
Sabrina Mazzolo ha poi sottolineato l’importanza di ottenere una fotografia precisa della posizione della catena di fornitura di Roche Diagnostics in termini di sostenibilità. Un dato cruciale per rispondere alle domande di clienti e stakeholder e prepararsi a rispettare i Criteri Ambientali Minimi (CAM). Di conseguenza, servono dati certi e replicabili per intraprendere azioni correttive sui fornitori e fornire loro consulenza, contribuendo così alla sostenibilità dell’intera catena di valore con processo di monitoraggio e miglioramento continuo.
“Il nostro obiettivo strategico principale in ambito procurement è allineare almeno il 25% dei fornitori di Roche Diagnostics con i criteri di sostenibilità dell’azienda. Attualmente, stiamo ancora definendo questi criteri di sostenibilità, la tematica è complessa e multifattoriale. Intendiamo rivedere i criteri di selezione dei fornitori per includere le tematiche ESG e creare cluster di fornitori dove questi aspetti avranno pesi diversi a seconda della tipologia di fornitore. Questo comporterà l’adozione di nuove politiche e strategie di gestione dei fornitori, basate sui dati ottenuti attraverso il progetto in corso, e rappresenterà l’inizio di una nuova strategia di sostenibilità“.
Il rischio di interruzione della catena di fornitura
Un’altra delle problematiche che ha a che fare con la supply chain riguarda il rischio di fornitura che sostanzialmente si riferisce agli eventi imprevisti che causano una interruzione nel flusso di approvvigionamento da parte di un fornitore. Questo rischio può derivare da vari fattori, come calamità naturali, crisi economiche o problemi operativi del fornitore stesso e può avere conseguenze significative poiché l’interruzione delle forniture da parte di un fornitore chiave si ripercuote sulla capacità delle aziende di produrre e/o fornire determinati prodotti o servizi ai clienti. Ciò significa affrontare costi aggiuntivi, mantenere scorte più elevate e gestire tempi di consegna più lunghi, il che porterebbe inevitabilmente alla perdita di clienti e ordini.
Marco Perona ha voluto a questo riguardo fare riferimento a una ricerca condotta dal Laboratorio RISE secondo cui circa la metà di 147 aziende intervistate ha sperimentato questi rischi diverse volte negli ultimi dieci anni. “I dati mostrano che i rischi di interruzione della catena di fornitura sono in aumento tanto che le aziende intervistate hanno segnalato 261 casi di interruzione. E nel peggiore delle ipotesi, il costo di una interruzione di fornitura può raggiungere la cifra di un milione e mezzo di euro, un dato che nessun manager vorrebbe presentare al proprio amministratore delegato”.
Switch360: cos’è e cosa permette di fare
I riflettori si sono spostati su Switch360, un’altra soluzione protagonista di questo evento dedicato all’innovazione per le supply chain e che ha visto l’intervento a due voci del professor Marco Perona e di Paolo Bentivoglio, Chief Procurement Officer di Streparava, azienda manifatturiera operante nel settore automotive.
Nello specifico Switch360 offre un insieme di strumenti e analisi per monitorare, valutare e gestire i rischi nella catena di fornitura, fornendo alle aziende una visione chiara e dinamica dei loro fornitori e delle potenziali vulnerabilità. I principali output della piattaforma possono essere sintetizzati in sette punti chiave:
- Analisi della dipendenza dei fornitori: Switch360 analizza la rete di fornitura per individuare i fornitori che dipendono eccessivamente da un singolo cliente. Utilizza due soglie critiche: una soglia d’attenzione del 30% e una soglia del 50%, quest’ultima stabilita da norme di legge per determinare il livello di responsabilità.
- Stima dei costi di interruzione delle forniture: La piattaforma calcola il costo potenziale derivante dall’interruzione delle forniture, indipendentemente dal motivo. Utilizzando dati reali ma anonimizzati, Switch360 evidenzia i fornitori con costi di interruzione superiori a un milione di euro, segnalando quelli con impatti finanziari significativi.
- Calcolo della probabilità di interruzione per default finanziario: Switch360 classifica i fornitori in base alla loro esposizione finanziaria, utilizzando una scala cromatica dal verde (rischio basso) al rosso scuro (rischio alto). Inoltre, valuta l’esposizione a rischi geopolitici e naturali, fornendo una visione completa della probabilità di interruzione.
- Integrazione delle diverse esposizioni e calcolo della probabilità composta di interruzione: Le diverse tipologie di rischio vengono poi combinate per calcolare un indice complessivo di rischio per ogni fornitore, basato sulla collocazione geografica e sull’esposizione a default finanziari. Questo indice permette di stimare la probabilità di interruzione e il costo atteso associato.
- Mappa di calore che rappresenta i fornitori su diagrammi probabilità – costo: Si tratta di una rappresentazione visiva dei fornitori attraverso bolle di diverse dimensioni. Sull’asse delle X viene indicata la probabilità di interruzione, mentre sull’asse delle Y si va a rappresentare l’impatto economico. Le aziende posizionate più a destra indicano una maggiore probabilità di interruzione, mentre quelle più in alto segnalano un costo maggiore.
- Monitoraggio in tempo reale dei fornitori più critici attraverso eventi negativi: Switch360 utilizza banche dati certificate per monitorare eventi negativi passati agli atti pubblici ed avvenuti sul territorio nazionale negli ultimi 5 anni, come mancati pagamenti di assegni e cambiali, stati di inadempienza e/o insolvenza ecc. con la possibilità di un servizio di alert automatici via mail.
- Prospetto e calcolo degli scenari attesi: La piattaforma fornisce una previsione degli scenari futuri, dal migliore al peggiore. Ad esempio, valuta la probabilità che nessun fornitore interrompa le forniture, così come il costo e la probabilità degli eventi più critici.
Switch360 e rischio di fornitura: uno strumento strategico per il procurement
“Ci definiamo – ha raccontato Bentivoglio – come una “multinazionale tascabile”. Siamo un’azienda familiare fondata nel 1951 con dieci stabilimenti distribuiti tra Italia, India, Brasile e Spagna e l’anno scorso abbiamo raggiunto un fatturato consolidato di gruppo di circa 360 milioni di euro. Il nostro core business è il settore automotive, operiamo anche in ambiti come le auto di lusso, i veicoli commerciali, i truck, e il settore agricolo e movimento terra”.
Gli acquisti rappresentano una componente cruciale per Streparava, arrivando a costituire circa l’80% delle attività del gruppo. E la scelta di implementare Switch360 è nata proprio dalla necessità di avere una visione chiara e dettagliata della salute della catena di fornitura, dato il peso significativo degli acquisti in azienda. “Ho assunto il ruolo di Chief Procurement Officer alla fine del 2020, e l’esigenza di mappare accuratamente la nostra supply chain era fondamentale, soprattutto in un periodo in cui le catene di approvvigionamento erano sotto pressione a causa della pandemia Covid-19, della crisi delle materie prime, della questione energetica e delle tensioni geopolitiche. I costi di interruzione, spesso sottovalutati, diventano molto concreti quando si verificano eventi critici”.
“Abbiamo iniziato a utilizzare Switch360 per gestire i rischi nella catena di fornitura all’inizio del 2021, analizzando i dati del 2019 e del 2020. Il progetto è partito dalla nostra sede centrale e si è esteso successivamente ai fornitori delle nostre filiali sia in Italia che all’estero, coinvolgendo circa un centinaio di fornitori. Mano a mano la soluzione è diventata parte integrante della strategia aziendale, tanto che recentemente abbiamo deciso di rinnovare l’accordo per altri tre anni. Switch360 è un elemento chiave del nostro modus operandi, fornisce una fotografia della realtà che l’azienda deve poi rendere dinamica attraverso l’interpretazione e l’applicazione dei dati raccolti, con attività e piani d’azione concreti”.
Bentivoglio ha poi descritto l’evoluzione del percorso di Streparava con Switch360. L’azienda ha iniziato con un report standard per valutare la salute della supply chain. Con il tempo, è stato digitalizzato e informatizzato il processo di raccolta dati, integrando Switch360 con l’ERP (SAP). Questo ha permesso di snellire il processo e migliorare l’efficienza. Inoltre, è stato sviluppato il tool di business intelligence per gestire autonomamente i dati forniti da Switch, abilitando analisi continue e decisioni basate su spend analytics e category management.
Modalità d’uso e prospettive future verso l’as-a-service
Perona ha poi fatto il punto sui requisiti per implementare Switch360. “Il primo passo è identificare i fornitori da sottoporre all’analisi. Successivamente, è necessario raccogliere i dati dall’ERP del cliente e integrarli con altre fonti esterne per calcolare l’esposizione e la probabilità degli eventi insieme ai relativi costi. Nell’arco di alcune settimane viene presentato un report completo all’azienda. Il carico di lavoro per il cliente è relativamente ridotto, poiché la maggior parte delle attività è gestita dal team di Switch360”.
Infine, ha poi discusso le prospettive future per Switch360, sottolineando che la piattaforma continuerà a evolversi ampliando le tipologie di rischio monitorate, come una mappatura dei rischi naturali per singola provincia italiana e rischi come la cybersecurity, le infiltrazioni malavitose e le avarie gravi degli impianti. Inoltre, Switch360 si orienterà sempre più verso una modalità di erogazione autonoma, permettendo ai clienti di attivare e gestire la piattaforma in modo indipendente con un modello di business “as-a-service”.