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Industria alimentare e sostenibilità, ingaggio di leadership e supply chain fondamentali



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Secondo Quantis (BCG) per una trasformazione sostenibile di impatto misurabile e duraturo, occorre collaborare con la leadership e con i partner strategici e impegnarsi sul redesign sostenibile del portafoglio prodotti, sull’agricoltura rigenerativa e sul plant based

Pubblicato il 31 mag 2024



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Quantis, una divisione del colosso della consulenza BCG specializzata in sostenibilità che supporta le aziende nell’affrontare e ridurre l’impatto sull’ambiente, ha recentemente divulgato i risultati di una ricerca condotta sull’industria Food&Beverage a livello globale e italiano, intitolata Recipe for Transformation. L’indagine si basa su un sondaggio che ha raccolto le opinioni e le valutazioni di oltre 600 professionisti di alto livello, manager ed executive di grandi aziende del settore alimentare (con più di 500 dipendenti), operanti in vari ambiti aziendali: retail, commercio all’ingrosso, consumer packaged good, materie prime e agricoltura.

In generale, il report rivela che il 76% dei manager nel mondo e l’87% in Italia esprime fiducia nel percorso di sostenibilità della propria azienda e nella capacità di raggiungere gli obiettivi ambientali entro il 2030. Tuttavia, c’è ancora molto da fare. Come spiega Davide Tonon, Direttore di Quantis Italia “Affinché alla sostenibilità vengano dedicati budget più rilevanti e si possa conseguire una trasformazione di impatto misurabile e duraturo, continuano ad essere necessarie la collaborazione con la leadership tra i dipartimenti e con i partner strategici e l’impegno sulle tre direttrici del redesign sostenibile del portafoglio prodotti, l’agricoltura rigenerativa e il plant based” che – secondo la scienza – rappresentano le aree con il maggiore potenziale di trasformazione in termini di sostenibilità.

Sì al packaging sostenibile e stop allo spreco alimentare

Analizzando più da vicino i risultati dell’analisi, Recipe for Transformation indaga sulle priorità per il prossimo anno per un’azienda impegnata nel processo di transizione verso la sostenibilità ambientale. La maggior parte dei partecipanti alla survey ha affermato che rendere il packaging più sostenibile è la priorità principale: lo dichiara il 67% dei manager in Italia e il 62% a livello globale. In seconda posizione si trova la necessità di ridurre lo spreco alimentare e la quantità di rifiuti prodotti. Questa è l’opinione del 57% dei manager a livello globale e del 53% in Italia. Il portfolio redesign, ovvero il bisogno di ripensare in chiave sostenibile i prodotti aziendali venduti, nel nostro Paese è prioritario per il 24% dei rispondenti, dato che scende al 19% nel resto del mondo.

Normative, cultura aziendale e risparmio sui costi: i driver

Tra i principali driver che guidano l’operato di un’azienda verso la sostenibilità, sia in Italia che nel resto del mondo, i manager concordano sull’importanza delle normative per una transizione responsabile: ne sono convinti il 45% dei professionisti italiani e dei manager su scala globale. Una opinione condivisa riguarda anche il valore attribuito alla cultura aziendale: in Italia è un fattore di primaria importanza per il 34% del campione, nel mondo per il 32%. Il risparmio sui costi come driver chiave verso la sostenibilità è invece più rilevante per il campione italiano: in Italia lo rileva il 43% dei rispondenti, mentre a livello globale la percentuale scende al 34%.

Supply chain come l’ostacolo più importante da superare

Ma quali sono le barriere nel processo di transizione verso la sostenibilità? Per quanto riguarda la complessità della supply chain, in Italia il 37% è convinto che rappresenti un ostacolo, percentuale che sale al 42% a livello globale. Gli investimenti necessari per la trasformazione sostenibile rimangono invece, secondo il report, un tema aperto all’interno dei diversi dipartimenti aziendali in relazione ai propri budget di spesa.

Ne risulta che, mediamente nei diversi dipartimenti, la quota del bilancio annuale destinata ad investimenti finalizzati alla riduzione degli impatti ambientali sia solo del 12,5% su scala globale. Un dato che tuttavia viene interpretato diversamente in Italia e nel Mondo. Infatti, se a livello globale il 36% dei manager ritiene che l’elevato investimento finanziario costituisca un ostacolo all’implementazione della sostenibilità in azienda, nel nostro Paese questo dato scende al 31%.

Ai CSR manager serve una attivazione trasversale in azienda

Recipe for Transformation analizza anche i fattori chiave che fin qui hanno guidato la trasformazione dei modelli di business aziendale nella direzione della sostenibilità. E sono proprio le risposte dei manager a questi fattori a segnare le principali differenze tra l’Italia e il resto del campione globale. Nello specifico, i manager italiani sottolineano la rilevanza di elementi quali la proattività dei team (35% contro il 28% su scala globale) supportata da indicatori di performance dedicati; la collaborazione tra business unit aziendali rilevante per il 45% dei manager in Italia, ma per il 36% a livello mondo; e la supply chain collaboration citata dal 40% in Italia, e dal 33% nel mondo. Di contro, il committment della leadership è stato indicato come decisivo solo dal 31% dei manager italiani, contro il 45% a livello globale.

Nonostante l’ingaggio e la collaborazione tra funzioni e lungo la filiera, i CSR manager non hanno comunque dinanzi a loro una strada completamente in discesa, nel percorso di sostenibilità, ma continuano a necessitare di supporto trasversale in azienda e di impegno del vertice. È noto in letteratura manageriale, afferma il report di Quantis, “come l’ingaggio in prima persona della leadership e la cultura aziendale siano i principali motori della diffusione di prassi di sostenibilità in tutta l’azienda, ma alcune leve finanziarie – quali le scelte degli investitori istituzionali (la cui pressione nella direzione della sostenibilità è considerata limitata dal 24% del campione italiano vs. 18% su scala globale) -prescindono dalla loro sfera di influenza, e potrebbero rappresentare importanti leve per la trasformazione di sostenibilità”.

Bonus C- level legati a KPI di decarbonizzazione come leva

“Siamo entusiasti che in Italia, secondo il campione interpellato, la sostenibilità fino qui sia stata costruita “dal basso”, grazie ad una diffusa attivazione trasversale in azienda: metà del campione nazionale ha dichiarato di poter contare su KPI di sostenibilità da oltre un anno, contro il 38% su scala globale e grazie anche all’ingaggio della catena del valore – dichiara Davide Tonon, Direttore di Quantis ItaliaProprio su questo punto vorrei approfondire a partire dal mio osservatorio sul settore nel nostro paese, dove sempre di più vediamo il diffondersi di Bonus C- level legati a KPI di decarbonizzazione: una leva determinante e di successo”.

I consumatori chiedono sostenibilità ma manca la spinta

È interessante notare come il 100% dei rispondenti all’interno della funzione marketing abbia rilevato cambiamenti nel comportamento dei consumatori riguardo alle abitudini di acquisto sostenibili. Più della metà del campione, infatti, ha evidenziato come i clienti siano più interessati a prodotti sostenibili e disposti a spendere di più per ottenerli.

Analizzando però i rispondenti di tutte le funzioni, nel quadro appaiono differenze rilevanti: infatti, il Il 27% degli italiani (contro il 21% su scala globale) concorda con l’affermazione per cui la mancanza di spinta nella direzione della sostenibilità da parte dei consumatori è una barriera rispetto all’adozione di una direttrice ancora più forte da parte dell’azienda.

Collaborazione e redesign sostenibile per un impatto misurabile e duraturo

“Vediamo con chiarezza ed apprezziamo l’impegno ed i risultati del settore F&B nella direzione dell’allineamento ai limiti planetari. Il prossimo passo dovrà essere nel passaggio da un approccio a silos all’integrazione della sostenibilità nelle scelte e nell’operatività quotidiana di tutte le funzioni aziendali – conclude Tonon – Le previsioni indicano il rischio per le aziende del settore alimentare di perdere fino al 26% del proprio valore se non agiscono rapidamente, in modo efficace ed efficiente. E resta ancora molto da fare”.

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