Il report

Sostenibilità, retail italiano in ritardo: traina la ristorazione

I risultati della prima edizione del Retail ESG Pulse Check di Bain & Company Italia: mancano gli obiettivi a medio-lungo termine, tra cui quelli science-based di decarbonizzazione. Ritardi anche rispetto alle best practice internazionali. Andrea Petronio: “Serve un cambio di passo”

Pubblicato il 19 Dic 2023

retail e sostenibilità

Nel panorama italiano il mondo del retail non eccelle sulle tematiche Esg, ed è anzi in ritardo rispetto a quanto accade in altri settori come l’industria di marca o le best practice del retail in campo internazionale, e rischi di trovarsi in difficoltà quando dovrà aeguarsi alle nuove normative europee che entreranno in vigore nel 2024. A evidenziarlo è la prima edizione del Retail Esg Pulse Check di Bain & Company Italia, che si pone l’obiettivo di analizzare il livello di maturità Esg del retail in Italia attraverso l’approfondimento di tutti i report di sostenibilità dei principali operatori del settore.

Dalla ricerca emerge che il retail italiano è un settore ancora poco maturo sul fronte delle tematiche Esg, con molti elementi ancora non adeguatamente monitorati e, soprattutto, mancanza di obiettivi a medio-lungo termine, tra cui quelli science-based di decarbonizzazione. Emerge chiaramente anche il distacco rispetto ai player dell’industria di marca, alle best practice retail internazionali, ed alla normativa Europea in arrivo l’anno prossimo.

Pochi bilanci di sostenibilità

“Dalla mappatura emerge che parecchi operatori in più settori non hanno ancora pubblicato un primo bilancio di sostenibilità, anche in settori di dimensione rilevante come l’elettronica, l’arredo, fino a settori dove registriamo l’assenza totale, come i drugstore e il pet food. In questa prima edizione ci siamo quindi soffermati nel dettaglio sui tre settori – GD alimentare, abbigliamento e ristorazione – dove almeno il 75% delle aziende in analisi pubblica il bilancio – sottolinea Andrea Petronio, Senior Partner e Responsabile della pratice Retail di Bain & Company in Italia. “I player analizzati in questi 3 settori si possiamo considerare ad uno stadio di “avvio” rispetto alle aree tematiche Esg più rilevanti, con la grande distribuzione alimentare in media più indietro, con in generale evidenti lacune soprattutto in termini di obiettivi di medio-lungo termine. Rimane dunque necessario un deciso cambio di passo a livello di sistema sul percorso di transizione ESG nel nostro Paese”.

Gdo e difficoltà sugli obiettivi di lungo termine

La Gdo sta comunque intervenendo bene su alcuni aspetti ambientali, come le energie rinnovabili e le emissioni Scope 1 e 2, mentre risulta ancora carente sulla pianificazione a lungo termine delle vere sfide ambientali, ìprincipalmente sulle emissioni Scope 3, dove solo un player su 4 ha obiettivi di riduzione. L’uguaglianza di genere rimane un tema caldo per il settore: se il 57% dell’organico è donna, solo il 23% è dirigente e il 4% siede in CDA, con un divario retributivo medio del 30%.

“La grande distribuzione alimentare italiana – aggiunge Matteo Capellini, Expert associate partner di Bain & Company – è ancora in fase embrionale sui temi di sostenibilità, soprattutto se confrontata con le best practice internazionali e le aziende di beni di largo consumo. Esiste ancora una concezione di sostenibilità molto legata alla responsabilità sociale e alla filantropia, mentre il vero tema da affrontare è la trasformazione dei modelli di business per ridurre le esternalità negative dirette ed indirette. Non abbiamo dubbi che nei prossimi anni vedremo una fortissima accelerazione, anche grazie alla spinta dalla Csrd, che contribuirà a definire i market leader di domani e sarà focalizzata soprattutto sul tema decarbonizzazione”.

I buoni risultati della ristorazione

Tra le buone notizie che meergono dal report c’è il dinamismo, sull’Esg, del comparto della ristorazione, in cui le catene organizzate pesano soltanto per il 5% del valore totale di mercato ma sono tra i player più avanzati nella scala di maturità Esg. “Anche se il numero di iniziative in essere e l’ampiezza dei temi toccati è maggiore – continua capellini – rimane comunque un grande gap in termini di misurazione di impatto complessivo. Se poi guardiamo al confronto con i player internazionali, la ristorazione fatica su due temi: biodiversità e iniziative volte ad eliminare il divario retributivo tra uomini e donne”.

Abbigliamento, attenzione all’Esg in crescita

Il settore dell’abbigliamento, pur essendo per natura complesso e con un significativo impatto ambientale e sociale – evidenzia Bain & Company – mostra una buona attenzione rispetto alle tematiche Esg, con un’ottima copertura dei Kpi all’interno dei bilanci di sostenibilità, anche guidato dalla maggior pressione sociale e mediatica che il settore affronta. “Tuttavia – conclude Petronio – in termini di decarbonizzazione, biodiversità e circolarità, l’industria è ancora molto indietro. I player internazionali mostrano un impegno maggiore e degli obiettivi più sfidanti, che i competitor italiani stentano ancora ad eguagliare. Il miglioramento dei retailer italiani da questo punto di vista è legato all’ispirazione che trarranno dalle best practice dei loro concorrenti internazionali, con la sfida di rendere la sostenibilità e la diminuzione delle esternalità negative un elemento intrinseco al concetto di qualità del prodotto”.

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