INSIDE COP28

Cop28, l’accordo finale: al via la “transizione fuori” dai combustibili fossili, carbon neutrality nel 2050

La 28a Conferenza Onu sul clima di Dubai si chiude con un’intesa importante ma già controversa: il testo prevede la “transizione fuori dai combustibili fossili” (e non l’eliminazione graduale che oltre 100 Paesi invocavano), con l’obiettivo di accelerare l’azione “in questo decennio cruciale” e raggiungere la “neutralità del carbonio nel 2050”. Standing ovation dei quasi 200 firmatari dell’accordo, ma per analisti e ambientalisti non si tratta ancora di un passo decisivo

Pubblicato il 13 Dic 2023

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Accordo raggiunto, con tanto di standing ovation da parte dei delegati ma anche con il bollino di “compromesso al ribasso” già assegnato da più parti: il mondo dà ufficialmente il via alla “transizione dai combustibili fossili”, al fine di raggiungere l’obiettivo di emissioni zero (solo) nel 2050.

Si chiude così, con il frutto di una difficile trattativa, la 28ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi a Dubai nelle ultime due settimane. All’intesa (SCARICA QUI IL TESTO ORIGINALE) hanno dato il proprio consenso tutti i 198 Paesi partecipanti, mettendo nero su bianco – per la prima volta – il necessario superamento delle “fonti fossili”. La chiusura ufficiale della conferenza di Dubai era prevista per ieri, martedì 12 dicembre, ma la difficoltà a trovare un accordo tra gli Stati ha fatto slittare il termine. Raggiunto tuttavia, con un colpo di scena, nell’assemblea plenaria di oggi, mercoledì 13.

La conclusione in “soli tre minuti”

Nella sessione plenaria di oggi erano attese le dichiarazioni dei Paesi sul testo. Invece tutto si è risolto in meno di tre minuti dal colpo di martelletto di Sultan Al -Jaber, il contestato presidente di Cop28 nonché numero uno dell’azienda petrolifera di Stato degli Emirati, che ha aperto l’assise. La procedura del consenso prevede che in assenza di opposizioni esplicite la mozione passi. Ma non c’è stato tempo.

Un successo della presidenza, che – affermano gli analisti di settore – lascia però qualche dubbio sulle modalità con cui si è proceduto, avendo tolto spazio alle obiezioni.

Il testo modificato e approvato: i punti chiave

Il documento è stato parzialmente riscritto nella notte per includere un riferimento alla necessità di allontanarsi gradualmente dall’uso dei combustibili fossili (come carbone, gas e petrolio), il cui utilizzo come fonti di energia causa l’emissione di gas serra, tra i principali responsabili del riscaldamento globale. La precedente bozza aveva infatti sollevato dure critiche perché non conteneva alcun riferimento a questo tema.

“Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science”. Questo il testo del tanto discusso articolo 28, cui si deve il prolungamento delle trattative: letteralmente si parla di transizione in uscita dalle fonti fossili nei sistemi energetici, in un modo imparziale, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, per raggiungere le emissioni zero nel 2050 seguendo la scienza.

Scompare la parola “phase out”, sì a una “transizione in uscita”

In pratica, il testo non contiene più la dicitura “phase-out”, che indicava l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, ma chiede di “transitare fuori dai combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico”. Erano quasi 130 i Paesi schierati per il phase-out, ma le resistenze di quelli produttori di petrolio non hanno concesso di più.

Il testo dunque invita (calls on, una terminologia giudicata debole nel gergo della diplomazia climatica, manca l’urgenza) le parti a fare una transizione che li porti lontano dai combustibili fossili, che sia “equa e ordinata”, con un’azione decisa in questo “decennio critico”. Il termine inglese su cui si è trovato l’accordo è nuovo, non era presente nelle bozze circolate nelle precedenti due settimane di negoziati: transitioning away. Tale transizione dovrebbe avvenire in modo da portare il mondo a zero emissioni nette di gas serra nel 2050 e seguire i dettami della scienza climatica. Per raggiungere la soglia concordata, si prevede che il mondo raggiunga il picco massimo di emissioni di carbonio entro il 2025, ma si lascia un margine di manovra a singoli Paesi come la Cina per raggiungere il picco più tardi.

Spinta alla transizione energetica

Secondo l’accordo, inoltre, i paesi sono anche chiamati a contribuire allo sforzo di transizione globale, anziché essere obbligati a compiere tale cambiamento da soli. Molteplici sono poi gli inviti legati alla transizione energetica. Tra questi c’e’ l’invito a triplicare le capacità di energia rinnovabile e a raddoppiare il ritmo dei miglioramenti dell’efficienza energetica entro il 2030. Previsto anche l’impegno ad accelerare le tecnologie “zero carbon” e “low carbon”, tra cui l’energia nucleare, l’idrogeno a basso contenuto di carbonio e la nascente cattura e stoccaggio del carbonio.

Richiesta di maggiori ambizioni a tutte le nazioni

L’accordo inoltre chiarisce – per la prima volta – che gli impegni dei paesi dell’Accordo di Parigi dovrebbero fissare “obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni a livello economico” che coprano tutti i gas serra, i settori e le categorie. Gli impegni formali dei paesi per la riduzione delle emissioni dovrebbero essere “allineati con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi, come confermato dalle ultime scoperte scientifiche”. In particolare, la richiesta di maggiori ambizioni non è riservata solo ai paesi sviluppati, ma a tutte le nazioni, tenendo presente le loro diverse circostanze.

Deboli i riferimenti al metano

Su questa voce l’accordo di Cop 28 è debole. La riduzione di questo gas climalterante dal potenziale di riscaldamento quasi trenta volte superiore all’anidride carbonica è solo menzionata tra gli altri gas serra. C’è una finestra temporale, entro la fine del decennio. Si tratta di una politica chiave per ridurre rapidamente le emissioni, una una fetta consistente delle quali viene dagli allevamenti; ma perdite di metano si hanno anche durante i processi estrattivi e di traporto degli idrocarburi, e qui si può intravedere un altro riflesso del compromesso che si è cercato di raggiungere con i paesi che queste fonti energetiche producono.

Per la prima volta si parla di nucleare

Entra per la prima volta nel testo finale il nucleare, dopo l’accordo di venti paesi nei giorni scorsi volto a triplicare la potenza entro il 2030. Si parla di accelerare l’adozione di nuove tecnologie, incluso il ricorso all’atomo e l’abbattimento delle emissioni serra tramite la cattura del carbonio, soprattutto nei settori più problematici.

Prime polemiche: incertezza sui target da raggiungere entro 2050

Anche a queste nuove condizioni, le polemiche non hanno tardato ad arrivare: il testo ha infatti abbandonato l’espressione “eliminazione graduale” che era invece auspicata dalla grande maggioranza dei Paesi e alla quale si era opposta una pattuglia di nazioni guidate dall’Arabia Saudita. Inoltre resta infatti poco chiaro se entro il target del 2050 i Paesi dovranno aver abbandonato completamente la loro dipendenza dall’energia fossile. Per ambientalisti ed esperti, il termine inglese scelto di “transition away” è purtroppo ambiguo e soggetto a interpretazione.

Legambiente: “Timido passo avanti”

Secondo Legambiente, “la scelta di prevedere una ‘transition away’ graduale per la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone,  rappresenta un timido passo avanti su cui, però, ora i Paesi devono dimostrare azioni decise, senza più tentennamenti o inspiegabili rinvii, perché il tempo incalza e la crisi climatica avanza ad un ritmo sempre più veloce”, come spiega il presidente Stefano Ciafani.

Secondo l’associazione ambientalista le criticità sono “legate al ricorso alle tecnologie d’abbattimento di emissioni di anidride carbonica e all’utilizzo di fonti fossili come combustibili di transizione per garantire la sicurezza energetica. È inoltre mancato un serio impegno per la finanza climatica indispensabile per aiutare i paesi più poveri e vulnerabili ad accelerare la fuoriuscita dalle fossili”. “Ora l’Europa e l’Italia – aggiunge Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente – dovranno impegnarsi affinché si acceleri questa uscita dai combustibili fossili raggiungendo almeno il 50% di rinnovabili e almeno il 20% di efficienza energetica per ridurre le emissioni del 65%entro il 2030, e così facendo arrivare alla fuoriuscita del gas fossile entro il 2035 (per raggiungere il 100% da rinnovabili nel settore elettrico) e dal petrolio nel 2040, e quindi raggiungere la neutralità climatica prima del 2050. Solo in questo modo a livello globale potremmo mantenere vivo l’obiettivo del grado e mezzo”.

Pichetto: “Soddisfazione per il nostro Paese”

La Cop 28 “si è chiusa stamattina, con una traduzione pratica scritta nel documento finale, quello che è stato un discorso di trattative degli ultimi dieci giorni. Io manifesto soddisfazione del nostro Paese per un motivo sostanziale: loro sanno bene che una delle battaglie che abbiamo sempre portato avanti è quella di non mettere in discussione il2050, anzi vogliamo arrivare prima del 2050 alla decarbonizzazione, ma la transizione va governata e deve avere un equilibrio, e devo dire che nel documento Cop 28 traspare questo equilibrio con uno sforzo di mettere d’accordo i più ambiziosi e i meno ambiziosi”. Lo ha detto il ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto, durante un punto con la stampa al Senato. “Dal momento che parliamo di basse emissioni, e viene sottoscritto dall’Unione europea, significa anche che viene riconosciuto quello che è un interesse nazionale dell’Italia che sono i bio carburanti. Questo è uno degli elementi di soddisfazione. Dall”altra parte la soddisfazione è che è stato sottoscritto anche dai Paesi produttori di carbone e di petrolio”.

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