Per comprendere la vera portata della Carbon Border Adjustment Mechanism o CBAM occorre risalire al dicembre 2022, quando furono in molti a utilizzare l’espressione carbon tax per presentare l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa sul Meccanismo di Adeguamento al Confine per il Carbonio (CBAM). L’intesa prevedeva un procedimento che aveva come obiettivo la individuazione dei prodotti ad alta intensità di emissioni di carbonio in ingresso nell’area UE per adeguare il loro valore a un “prezzo equo del carbonio“. Il meccanismo era esplicitamente pensato per correggere i vantaggi sfruttati da quei produttori che sceglievano di spostare le attività produttive in aree extra-UE, con leggi meno rigorose in termini di controllo e misurazione delle emissioni.
Il CBAM, al netto di essere interpretato come una sorta di tassa sul carbonio, arriva, nelle intenzioni dei promotori, anche come una misura volta a incentivare una produzione a minori emissioni anche in aree esterne all’UE ed è accompagnato da una serie di interventi di revisione dell’EU ETS European Emission Trading System.
Green deal e Fit for 55
La comprensione di questa misura ha bisogno anche di una lettura più completa dello scenario nel quale si colloca. Il punto di riferimento primario è rappresentato dal piano di trasformazione economica, industriale e sociale del Green Deal e più nello specifico la CBAM fa riferimento alle misure necessarie per dare attuazione alle riforme previste per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050 in particolare con quel Fit for 55, tanto discusso e tanto contestato, che era stato presentato dalla Commissione europea nel luglio del 2021.
Se da una parte è stata appunto ampiamente utilizzata e abusata l’espressione carbon tax, dall’altra è necessario ricordare che con l’avvio di una politica green da parte dell’Europa e con l’adozione di misure volte e rendere sempre più stringente la riduzione delle emissioni in tutti i settori, è emerso anche un fenomeno conosciuto come Carbon leakage, vale a dire la pratica in base alla quale aziende produttrici di beni ad alte emissioni tendono a scegliere di spostare la produzione in aree caratterizzate da politiche e normative climatiche meno restrittive rispetto a quelle UE. In altri forme poi il Carbon leakage si concretizza anche con la scelta di abbandonare le produzioni ad alta intensità sul suolo UE per scegliere di importare quegli stessi beni prodotti in altri paesi.
Concorrenza sleale basata sulle emissioni
Si configura uno scenario di concorrenza sfavorevole alle imprese soggette e rispettose delle normative UE che, nelle intenzioni dei promotori della CBAM, può essere corretto assicurando appunto il pagamento di un prezzo equo commisurato alle emissioni di carbonio che sono incorporate nella produzione dei beni che arrivano nei mercato UE. Il tutto nell’ambito di una sorte di percorso caratterizzato da diversi obiettivi che possono essere così suddivisi:
Un obiettivo intermedio che punta a garantire che il prezzo dei prodotti ad alte emissioni in ingresso in area UE sia equivalente in modo corretto al costo sopportato dalle imprese in area UE per trasformare la loro produzione e adottare misure in grado di ridurre le emissioni.
Un obiettivo finale che guarda agli obiettivi climatici UE chiedendo a tutti gli attori lo stesso impegno e gli stessi oneri, sia che si tratti di attori attivi in area UE sia che si tratti di attori che operano fuori dall’Europa
Un dazio sulle emissioni?
Se si vuole usare un’altra espressione il CBAM si presenta come una sorta di dazio espressamente rivolto alle emissioni e finalizzato appunto a proteggere le aziende europee rispettose delle normative UE, ma che sono anche impegnate in uno sforzo che le vede affrontare un aumento dei costi necessari per attuare la trasformazione necessaria per arrivare a rispettare i requisiti ambientali UE.
La CBAM è stata concepita, almeno nella sua prima fase, per regolamentare mercati ad alta intensità di emissioni come quelli del cemento, dell’alluminio, della produzione di energia, della produzione di fertilizzanti, dell’idrogeno, del ferro e dell’acciaio e dell’idrogeno.
In termini di piano di attuazione a fine 2022 è stato fissato un calendario di attività finalizzate alla preparazione del terreno della CBAM con una fase di transizione e formazione nella quale sono previsti impegni a livello di rendicontazione ma senza oneri o impegni finanziari. La fase di transizione si chiude al termine del 2025 e la CBAM dovrebbe entrare a tutti gli effetti in vigore nel 2026 come spiegato nell’articolo CBAM: le regole della Commissione UE per la transizione al Carbon Border Adjustment Mechanism.
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Le parole chiave? misurazione e rendicontazione
Il grande tema legato alla corretta implementazione della CBAM è legato alla disponibilità di dati e all’impostazione che verrà data ai processi di rendicontazione delle emissioni. In una prima fase la CBAM si concentrerà su alcuni beni ad alta intensità di carbonio con l’obiettivo di arrivare a monitorare più del 50% delle emissioni che sono a loro volta monitorati e gestiti nell’ambito del mercato ETS.
Un lavoro fondamentale sarà poi svolto nella prima fase definita come periodo di transizione durante il quale agli importatori di beni che rientrano nei settori sopra indicati verrà chiesto di rendicontare la quantità di emissioni di gas serra (GHG) incorporate nei prodotti che hanno scelto di importare. In questa fase non sono previsti pagamenti. Obiettivo di questa fase è attivare i processi di conferimento e analisi dei dati, definire la metodologia e creare gli strumenti di supporto.
A regime, sulla base della CBAM gli importatori dovrebbero dichiarare ogni anno la quantità di beni importati nell’UE nell’anno precedente specificando la quantità di emissioni GHG incorporate. Questa quantità di emissioni sarà “calcolata in termini di modalità di pagamento” come il conferimento di una quota corrispondente di certificati CBAM e il valore economico di questi certificati sarà calcolato in base al prezzo medio settimanale d’asta delle quote EU ETS espresso in €/tonnellata di CO2 emessa.