Quando un’azienda o una qualsiasi organizzazione affronta i temi della sostenibilità si trova, sempre più spesso, ad affrontare i temi legati alla credibilità e alla fiducia. Per molte realtà non basta “diventare sostenibili”, ma occorre dimostrare, dati alla mano, le proprie performance di sostenibilità. Si tratta in questi casi di una dimensione che ci porta negli ambiti del testing, dell’auditing, della verifica e della certificazione, ovvero verso una serie di servizi che hanno lo scopo di fornire “garanzie di sostenibilità”.
Abbiamo voluto affrontare questi temi con Primiano De Rosa-Giglio, Business Line Manager Sustainability in TÜV SÜD un ente indipendente specializzato in servizi certificativi negli ambiti della qualità, dell’energia, dell’ambiente, della sicurezza e del prodotto.
Di che cosa si occupa una figura come quella del Business Line Manager Sustainability in una realtà focalizzata su testing e certificazione?
Il Gruppo TÜV SÜD, di cui TÜV Italia fa parte, si occupa di sicurezza da sempre con l’obiettivo di consentire il progresso proteggendo le persone, l’ambiente e le risorse dai rischi connessi alla tecnologia. Per TÜV Italia la certificazione di tutti i sistemi di gestione è un mercato storicamente prolifico e, negli ultimi anni, ha riscontrato un booster significativo per tutto ciò che attiene alla sostenibilità.
In particolare, nella divisione Business Assurance, di cui faccio parte, forniamo servizi di certificazione, ma anche di assurance, gap analysis e audit, oltre che di formazione. La mia figura è trasversale proprio perché il mondo della sostenibilità è ampissimo e occorre coprire sia ciò che è certificabile sia ciò che non lo è, arrivando a gestire anche tutta la parte di formazione.
Quali competenze sono oggi più rilevanti?
La sostenibilità è veramente multidisciplinare. Per questo abbiamo creato un team formato sia da colleghi con competenze più verticali su diverse tematiche a partire, naturalmente, dai temi ambientali, sia da colleghi con skill più trasversali. Ad oggi, riscontriamo una forte richiesta di competenze legate al mondo del Life Cycle Assessment (LCA) ed alle sue varie declinazioni, come l’Environmental Product Declaration (EPD) e la carbon footprint di prodotto, basata sullo standard ISO 14067.
Ci sono poi competenze che guardano al reporting di sostenibilità per fornire servizi di asseverazione dei report e di supporto nella loro realizzazione a cui si aggiungono skill che fanno riferimento al mondo social, come, ad esempio, i temi di diversity & inclusion.
Quanto è rilevante oggi la parte Environmental?
Anche se vediamo la parte social in crescita, la parte ambientale continua ad essere preponderante: su temi come la carbon footprint vediamo un’esplosione di richieste. Dati di mercato ci dicono inoltre che l’Italia sta facendo da traino anche per la diffusione delle Environmental Product Declaration sul mercato.
In termini di Industry quali settori vedete più in movimento?
Se rimaniamo con l’attenzione sul mondo EPD, si registra una conferma sul settore costruzioni, storicamente molto forte. Notiamo che in Italia il mondo del food sta a sua volta crescendo molto. Per quanto riguarda gli aspetti social, un settore che si sta muovendo è quello della moda. In generale si registra una forte necessità legata alla disponibilità di competenze e vediamo aumentare il numero di imprese che chiede formazione sui temi della sostenibilità in generale.
Come avete strutturato le vostre azioni? Com’è organizzato il vostro gruppo di lavoro?
La parte principale del mio lavoro è dedicata all’osservazione e all’analisi del mercato per capire dove e come si sta orientando. Questo aspetto è di fondamentale importanza anche per il tipo di organizzazione che ci siamo dati. Con i membri “fissi” del team dedicato alla sostenibilità abbiamo incontri periodici nei quali ci si confronta proprio per capire come sta evolvendo il mercato e come valutare e lavorare al meglio sui nostri progetti. Abbiamo diversi livelli di specializzazione sui temi della sostenibilità, della governance del business, della compliance e delle supply chain. Il team conta anche su membri con competenze verticali specialistiche legate ai diversi aspetti che rientrano nei contesti ambientali e sociali. Due colleghi coprono poi le esigenze legate a marketing e comunicazione.
Sono inoltre membro del team globale, guidato da una collega italiana, che porta nel confronto un respiro internazionale. Uno degli obiettivi di questo team risiede nella volontà di canalizzare e uniformare lo sviluppo di nuovi servizi e di replicare in altri paesi quelli che hanno dimostrato di raggiungere i migliori risultati.
Come misurate le performance di sostenibilità?
Gli strumenti per fare queste misurazioni sono numerosi. Noi riscontriamo un certo disorientamento presso le imprese. Davanti ad una pletora di soluzioni così ampia e diversificata è difficile capire come muoversi. In Italia in particolare collaboriamo con una associazione di categoria con cui abbiamo sviluppato un tool di assessment che valuta le performance di sostenibilità dal punto di vista ambientale, sociale e di governance e fornisce un report per identificare i punti critici e i punti di forza sui quali lavorare per impostare un piano di sviluppo. Il tool riporta, nello specifico, i risultati ottenuti su sette indicatori, a loro volta scomposti nelle aree ESG. In questo modo ci sono indici legati ad esempio al mercato, alle risorse umane, alle operations e ognuno di questi è declinato in termini ESG.
Che ruolo svolge l’ESG?
Il nostro lavoro si concentra sull’asseverazione dei report di sostenibilità e sugli assessment appena citati, ma non entriamo nel dettaglio di valutazioni specifiche dedicate ai criteri ESG in ambito finanziario. Detto questo, ritengo sia un elemento importante lavorare su logiche ESG per aumentare la trasparenza, la sicurezza e l’affidabilità rispetto a tutte le informazioni che attengono alla sostenibilità. E il nostro lavoro ha esattamente lo scopo di garantire l’affidabilità delle informazioni e di contribuire a combattere la grande piaga del greenwashing.
Possiamo portare l’attenzione su qualche aspetto particolarmente significativo della vostra esperienza?
Dal punto di vista della difficoltà e dell’impegno i progetti di LCA sono da osservare con grande attenzione e possono essere considerati delle imprese piuttosto sfidanti. Chi conosce il mondo delle valutazioni dell’impatto ambientale sa bene che queste richiedono tanti dati e informazioni e per raccoglierle e poi validarle occorre coinvolgere il personale aziendale a 360 gradi. La risposta ai requisiti di social compliance è a sua volta una sfida enorme a cui tutti i supplier di una catena di fornitura devono poter contribuire, anche quando si tratta di un piccolo artigiano come nel caso di certe filiere del lusso.
Volendo citare un caso di particolare importanza, penso a una iniziativa di supply chain che stiamo seguendo e che prevede il recupero dei metalli preziosi da apparecchiature elettroniche. In questa situazione abbiamo attivato una collaborazione con una startup che ci ha permesso di dare supporto ai processi di recupero dei metalli preziosi presenti in apparecchiature elettroniche, alla loro rigenerazione e trasformazione in materiali per la creazione di prodotti e componenti per la filiera della moda.
Nel momento in cui si affrontano progettualità con questo tipo di obiettivi entrano in gioco tantissimi temi: la tracciabilità del materiale lungo tutta la filiera, la definizione e il rispetto delle buone pratiche da parte di tutti gli attori, sia a livello sociale che ambientale, la promozione di aspetti locali come il recupero delle materie seconde in loco per garantire lo sviluppo delle comunità locali e la misurazione e valorizzazione dei benefici ottenuti a livello di impatto ambientale.
Quanto è importante l’innovazione digitale in questo tipo di progetti?
Fondamentale. Nel progetto appena citato per la tracciabilità è ad esempio importante contare su una tecnologia come la blockchain. Nel caso di progetti LCA ci si deve avvalere di soluzioni software specifiche che devono essere supportate da una grande potenza di calcolo e di database molto strutturati che contengono dati sull’impatto ambientale di innumerevoli elementi che entrano nei processi produttivi, dalle materie prime ai rifiuti. Le soluzioni di simulazione permettono di creare una modellazione virtuale di prodotti e di processi produttivi dai quali recuperare informazioni preziosissime per ridurre i consumi, per evitare sprechi, per calcolare e ridurre l’impatto ambientale.
Prosegui la lettura delle strategie e delle esperienze di sustainability manager di importanti aziende e organizzazioni.