Gli impegni e gli sforzi a livello di Corporate social responsibility delle imprese (CSR) sono tradizionalmente dettati dalla volontà etica di “fare del bene per amore del bene” (good for good’s sake). Una scelta nella quale le aziende condividono l’impatto positivo dell’impegno del loro marchio sull’ambiente e sulla società anche con la consapevolezza che questo “bene” influisce sulla reputazione e sulla fedeltà al brand.
Ma gli investitori, le organizzazioni non governative (ONG), i regolatori e i consumatori chiedono maggiori prove, non solo sulla qualità delle “buone azioni”, ma su come le aziende stanno agendo per proteggere le persone, per preservare i luoghi in cui operano e per la salute del pianeta. L’aspettativa è che questi dettagli si presentino sotto forma di rapporti specifici e chiari che delineano gli sforzi interni e la trasparenza anche a livello di catene di approvvigionamento. Ed è qui che entrano in gioco i programmi ambientali, sociali e di governance (ESG).
L’ESG come un viaggio
I criteri ESG esaminano i numeri concreti e l’impatto materiale delle attività operative e della supply chain di un’azienda. Non è facile raccogliere dati sul volontariato dei dipendenti o documentare un minore consumo di energia e, proprio a causa di questa complessità, il greenwashing rappresenta una preoccupazione sempre più reale. In questo scenario i dati sono estremamente importanti per sostenere ogni singolo caso e affrontare con tranquillità qualsiasi situazione di due diligence.
È difficile conoscere con certezza se tutte le organizzazioni e i partner della catena di approvvigionamento di un’azienda agiscono eticamente, se seguono pratiche commerciali sostenibili e se non sono impegnati in questioni controverse a livello di gestione del lavoro. È fondamentale per ogni realtà assicurare il rispetto dei requisiti normativi obbligatori globali e regionali ed è importante aderire a pratiche di commercio equo o di retribuzione equa. Ed è importante, in questo senso, garantire una gestione dei dati ispirata alla massima trasparenza con tutti gli attori della supply chain.
Il contesto nel quale operano le imprese è caratterizzato da criteri ESG che diventano mainstream e da una contemporanea pressione sulle aziende per fornire prove supportate dai dati sulle performance di sostenibilità. Ma per la maggior parte dei produttori, è difficile capire esattamente da dove iniziare in modo che i dati e i report ESG siano accurati, aggiornati e facilmente condivisibili con tutte le parti interessate.
Mentre si procede in questo viaggio attraverso il processo che porta dalla CSR al reporting ESG, ci sono cinque lezioni apprese da quei produttori che hanno già affrontato questo percorso. L’accesso ai punti qualificati della loro esperienza può permettere di ridurre il tempo necessario per avviare un solido programma ESG, per navigare tra le tante incognite e per rispondere in modo preciso e corretto alle crescenti esigenze degli stakeholder.
1 – Identificare con chiarezza da dove proviene la pressione
Prima di intraprendere un programma ESG, è importante analizzare da dove proviene la pressione sui risultati. Per alcuni produttori, gli investitori istituzionali sono il principale punto di pressione. Si tratta di realtà che vogliono conoscere se i loro investimenti sono sicuri e che non ci siano sorprese, ad esempio da un rapporto investigativo che possa far emerge una pratica commerciale discutibile.
C’è poi una domanda di mercato che arriva dalle autorità di regolamentazione e dai clienti. I report indirizzati ai clienti possono mostrare come un marchio si posiziona rispetto ai concorrenti. In un mondo in cui i consumatori acquistano sempre più frequentemente anche in base alle caratteristiche ESG, la capacità di dimostrare i propri sforzi può permettere di creare un vantaggio competitivo.
Ma le nuove normative dicono chiaramente che la rendicontazione ESG è obbligatoria. Che si tratti di rispettare le leggi del settore o del paese o di soddisfare i requisiti di acquisto dei clienti, alcuni elementi ESG non sono più un’opzione: sono un requisito aziendale.
2 – Dare priorità agli elementi ESG più rilevanti
Le organizzazioni non dovrebbero sentirsi obbligate a riferire su ogni tipo di framework ESG fin dall’inizio. Ad esempio, un produttore automobilistico che acquista migliaia di componenti a livello globale può concentrarsi su alcuni temi e rischi specifici della propria catena di approvvigionamento, come potrebbero essere ad esempio le questioni legate alle materie prime provenienti da paesi con conflitti in corso, lasciando ad esempio la gestione delle acque reflue o altri temi in un altro ordine di priorità.
È importante valutare il senso di urgenza che accompagna e contraddistingue le priorità principali. Ci sono esigenze di mercato come le normative, come l’evoluzione delle esigenze dei clienti o come la domanda di trasparenza degli investitori che possono aggiungere maggiore urgenza a una determinata categoria di tematiche. In alcuni casi, le società possono anche incorrere in multe se arrivano in ritardo a dimostrare la conformità a determinati framework ESG. Pertanto, quando si elabora il piano ESG, è bene dare priorità sia alla pertinenza che all’urgenza, al fine di creare un piano di sviluppo e una tempistica praticabili.
Tutti gli attori di una catena di fornitura dovrebbero stabilire priorità anche in base al rischio. Alcuni fornitori potrebbero essere coinvolti in attività maggiormente rischiose, come l’utilizzo di sostanze chimiche non sicure. Se poi si eseguono accurate valutazioni dei rischi in fase iniziale si possono assegnare priorità specifiche ai vari fornitori con maggiore precisione.
La tecnologia aiuta a gestire questi task automatizzando la raccolta dei dati, semplificando la gestione dei fornitori con la definizione delle priorità dei vari rischi. Grazie a una centralizzazione delle informazioni si facilita l’identificazione dei fornitori che presentano i rischi più elevati per l’azienda.
3 – Valutare gli strumenti necessari per la raccolta e la segnalazione dei dati
Nessuna azienda vorrebbe aggiungere un nuovo processo di tracciamento manuale cartaceo o basato su fogli di calcolo all’attuale carico di lavoro. E in ogni caso, l’ecosistema dei dati ESG è troppo dettagliato per essere gestito in questo modo. Anche i produttori più piccoli, ovvero anche quelli che sono ancora nelle prima fasi del loro processo di trasformazione digitale, avranno modo di scoprire che applicare la tecnologia digitale alla gestione ESG è quanto mai necessario e fattibile.
La tecnologia automatizza e digitalizza la documentazione. Una piattaforma di gestione dei programmi ESG centralizza e semplifica la raccolta dei dati, automatizzando la raccolta dei dati relativi ai vari fornitori velocizza la ricerca dei fattori di rischio. Grazie a dashboard, report, mappature, avvisi e notifiche, le aziende possono individuare il rischio prima che influisca sul successo del loro programma ESG o sulla loro reputazione.
4 – Sviluppare un flusso di lavoro e una roadmap
La stesura delle politiche e del quadro per un playbook ESG richiederà ai team di lavorare a ritroso rispetto all’obiettivo finale. La creazione di questo percorso è diverso per ogni azienda. Tuttavia, ci sono alcuni passaggi comuni.
Si inizia identificando e documentando quali sono gli stakeholder dei fornitori che si devono coinvolgere. Le catene di approvvigionamento più complesse sono costituite da una vasta gamma di fornitori ed è importante determinare quali dati sono richiesti a ciascun fornitore, come verranno acquisiti, quando sono necessari e quanto spesso dovranno essere aggiornati. Si tratta di un processo automatizzato di sensibilizzazione dei fornitori che aiuterà a prendere decisioni basate sui dati.
Fornitori diversi avranno competenze e consapevolezza diverse dei requisiti e dei rischi ESG. Alcuni potrebbero essere altamente consapevoli del loro impatto sull’ambiente e sulla società e molto probabilmente stanno già adottando da tempo misure per documentare e mitigare gli effetti. Altri potrebbero non avere familiarità con i criteri ESG o con i dati che devono fornire.
Per questo motivo, i produttori devono stabilire scadenze ragionevoli e tenere conto anche della formazione stessa dei fornitori. Ad esempio, se un provider non si rende conto che le proprie emissioni di gas serra rappresentano un ostacolo per il programma ESG, ci vorrà più tempo per renderlo compatibile con il piano ESG. Senza un coinvolgimento a monte dei fornitori, è impossibile sapere come sviluppare una timeline realistica.
La tecnologia svolge un ruolo importante anche nei progetti di training. Le soluzioni di terze parti che forniscono accesso ai sistemi di gestione dell’apprendimento (LMS, learning Management System)) sono in grado di fornire risorse educative e ospitare corsi di formazione per preparare tutte le condizioni che determinano la conformità ESG.
Anche la rivalutazione dei criteri di selezione dei fornitori può essere importante durante questa fase. In alcuni casi, un produttore può scegliere di cambiare fornitore dopo aver appreso quali sono le variabili e le condizioni che possono incidere sugli obiettivi ESG.
Ad esempio, un fornitore potrebbe fare affidamento su una rete elettrica municipale alimentata a carbone, mentre un altro utilizza fonti di energia rinnovabile. Assegnare il business a un fornitore con un track record più sostenibile rappresenta un’opportunità per sviluppare un forte impegno nei confronti dei principi ESG.
5 – Flessibilità e apprendimento per il massimo successo
Poiché i criteri ESG sono un viaggio, ci saranno sempre opportunità per migliorare. Passare attraverso il processo di costruzione della roadmap offre l’opportunità di conoscere meglio il proprio ecosistema di partner e fornitori, il loro impatto e il ruolo che svolgono nella transizione ESG.
La maggior parte delle imprese deve partire dalla consapevolezza che i propri fornitori sono a livelli diversi nell’ambito della scala di maturità ESG. Piuttosto che terminare gli impegni con i fornitori che potrebbero avere bassa maturità e non conformità, è importante sfruttare questa opportunità per educare i partner sull’importanza delle iniziative ESG e sul loro ruolo nell’ecosistema generale.
È poi importante contare su un team focalizzato e motivato a cui deve essere affidato il compito di esaminare le lezioni apprese durante il processo e utilizzarle per interagire con nuovi fornitori o per ottimizzare le richieste di dati.
Le interruzioni a livello di catena di approvvigionamento, gli eventi geopolitici e la pandemia hanno aumentato nel recente passato le aspettative sul ruolo che svolge ciascuna organizzazione nella protezione delle persone, dei luoghi e del pianeta. Ma è sempre più fondamentale riuscire a bilanciare e allineare questi obiettivi anche con gli obiettivi operativi di ciascuna azienda. È e resta certamente molto importante “fare del bene” come obiettivo di ogni buon amministratore, ma è anche fondamentale pianificare il ruolo che le iniziative ESG svolgono nel successo a lungo termine di ogni impresa, anche imparando dagli altri, perché ogni passo di questo viaggio ESG possa essere più facile e più produttivo.