Prosegue in Italia il cammino verso l’economia circolare con risultati e tanti vantaggi nel 2022 che lasciano ben sperare in una prossima accelerazione. La nuova edizione del Circular Economy Report 2022 dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano consegna un significativo miglioramento rispetto all’edizione dello scorso anno con il 57% delle imprese che hanno adottato almeno una pratica di economia circolare a fronte di un 2021 nel quale questa percentuale si era fermata al 44%. Un dato che è accompagnato da una serie di fattori che certificano i benefici di queste scelte. Benefici economici valorizzati in 14,4 miliardi di euro in risparmi che le imprese hanno messo a bilancio grazie all’adozione di pratiche di economia circolare nel corso del 2021. Benefici che, come ci aspetta dalla diffusione di pratiche di circular economy, si estendono anche alla dimensione ambientale e che il report ha calcolato in una riduzione pari a 1,9 MtCO2 di emissioni rispetto all’anno precedente.
Un mercato al 14% del proprio potenziale nell’orizzonte 2030
Segnali indiscutibilmente molto positivi, ma l’Osservatorio non trascura di mettere in evidenza che siamo solo all’inizio. La ricerca ha infatti proiettato lo sguardo in avanti calcolando il potenziale di saving nella prospettiva 2030 e da questo scenario emerge che, se si applicassero le logiche della circular economy nella loro totalità si arriverebbe a un saving pari a 103 miliardi di euro all’anno. Dunque, tornando al focalizzare l’attenzione sul 2022, per quanto rilevanti i benefici ottenuti nel corso di quest’anno sono solo il 14% del potenziale. Molto bene, ma c’è tantissimo da fare.
E proprio in merito al “fare” appare particolarmente utile entrare nel merito della struttura della ricerca. Il Circular Economy Report 2022 ha focalizzato l’attenzione su sette macro settori e ci consegna il profilo di una Italia “circolare” popolata da mercati che dimostrano di “crederci”.
Food&Beverage e Fashion i settori più “circolari” nel 2022
Automotive, costruzioni, elettronica di consumo, food&beverage, impiantistica industriale, mobili e arredamenti, tessile sono i macro-settori sui quali si è concentrata l’analisi di oltre 200 aziende coinvolte. E proprio guardando ai settori, si nota come nel 2022 Food&Beverage e Fashion siano gli ambiti più vivaci nei quali la percentuale di aziende che ha adottato almeno una pratica di economia circolare ha superato quota 80%.
Se si guarda poi al valore economico risparmiato il Food&Beverage ha raggiunto un valore che arriva a 5,4 miliardi di euro, dimostrando quanto sia concreta la possibilità delle pratiche circolari di cambiare la prospettiva delle imprese. Nello stesso tempo la ricerca mette in evidenza che sta scendendo la quota di imprese “lontane dalla circular economy” con un 27% che resta in ogni caso un valore significativo sul quale lavorare.
Economia circolare: il ruolo centrale della finanza sostenibile e dell’ESG
Un ruolo fondamentale di stimolo e sostegno è svolto dal mondo finanziario e dalle logiche della finanza sostenibile che ha visto proprio in questi giorni la presentazione della roadmap per la sustainable finance da parte dell’EBA. Il report segnala che è arrivata al 61% la quota di aziende che hanno scelto di effettuare investimenti rilevanti in proporzione alle proprie dimensioni, a testimonianza di una sfida che sta diventando sempre più convincente anche in ragione dei risultati che questa transizione promette di garantire alle aziende. Più del 50% delle imprese che hanno scelto di effettuare investimenti in circular economy stimano di ottenere benefici e un ritorno economico in meno di 2 anni.
Il mondo finanziario dimostra a sua volta di crederci considerando un impegno in termini di investimenti che supera i 30 miliardi di euro. Se si guarda alla “composizione” di questi 30 miliardi si rileva la presenza di fondi di private equity, investimenti legati a venture capital e private debt, fondi di public equity, una quota rilevante di strumenti di debito, e una quota anche in questo caso rilevante di finanziamenti collegati ai fondi della Banca Europea per gli Investimenti-BEI.
Nel merito degli strumenti adottati, le società finanziarie più attente alle logiche ESG hanno mostrato un aumento degli strumenti di debito e di capitale legati all’economia circolare. Un altro ambito di sviluppo è rappresentato dalla creazione di prodotti specifici pensati per supportare progetti di transizione. Il report sottolinea come tra i criteri utilizzati nell’ambito delle valutazioni ESG vi siano voci collegate ai temi dell’economia circolare.
Dove e come si concretizzano questi benefici?
Le aziende impegnate in questi progetti si concentrano prevalentemente nella riduzione dei rifiuti collegati ad attività produttive e alla riduzione dell’impatto ambientale. Il lavoro e il ripensamento legato ai materiali è un altro ambito molto importante che vede da una parte attività di riutilizzo e dall’altra, processi di riciclo. Ma i benefici della circolarità vanno anche oltre e arrivano al ridisegno dei prodotti e alla creazione di partnership con altre imprese per concretizzare progetti di logistica inversa.
Nella classifica dei benefici in termini prettamente economici, le imprese interpretano l’adozione di circular economy prima di tutto per la possibilità di trasformare in valore la gestione degli scarti, seguono le possibilità di sviluppo economico collegati a forme di innovazione circolare, lo sviluppo di progetti e prodotti innovativi a cui si aggiungono i vantaggi legati alla riduzione dei costi di produzione e la possibilità di attuare nuove logiche nell’approvvigionamento dei materiali.
In termini di valorizzazione vera e propria, il Recycle ha portato un saving vicino ai 3,5 miliardi di euro annui, il Remanufacturing/Reuse ha permesso di risparmiare 2,3 miliardi e il Take Back Systems è arrivato a 2,2 miliardi. Sono ancora al di sotto delle loro potenzialità le pratiche legate al Design for Upgradability che arriva a un saving di 0,7 miliardi e il Repurpose a sua volta a 0,6 miliardi.