Carbon tax: il dibattito in corso
Sulla Carbon tax si è acceso da subito un forte dibattito che sta coinvolgendo imprese e istituzioni (qui per maggiori dettagli). Chi guarda con favore a questa misura, la legge come una concreta forma di protezione e di riequilibrio verso imprese che operano in paesi più permissivi in termini di controllo delle emissioni rispetto all’Europa. I detrattori, al contrario, vedono soprattutto le minacce di un aumento dei costi per le imprese che operano su filiere globali e il rischio di ridurre la competitività di determinati prodotti o servizi.
Certamente la prospettiva disegnata dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) (qui per maggiori dettagli) ha iniziato a far discutere imprese e istituzioni dal luglio del 2021 su un meccanismo destinato a introdurre una imposta sui prodotti a più alta intensità di emissioni di carbonio. La sua introduzione nel corso del prossimo anno impone alle aziende di preparare questo scenario partendo dal presupposto fondamentale e in linea di principio indiscutibile di questo provvedimento che intende proteggere, valorizzare e sostenere i processi di decarbonizzazione dell’industria europea. Il messaggio, molto concreto, per le imprese extra-UE che vogliono continuare a operare con il nostro continente è di indirizzare processi di decarbonizzazione nelle loro strategie di evoluzione o trasformazione della produzione per allinearsi appunto agli standard europei. Diversamente, il costo dei loro prodotti sarà appesantito da una tassa misurata sull’intensità delle loro emissioni.
Il contesto: la Carbon tax e l’Emission Trading System UE
Non va poi dimenticato che questa normativa si colloca in un contesto UE caratterizzato dall’Emission Trading System (ETS) o sistema per lo scambio delle quote di emissione attivo dal 2009 e che prevede tra l’altro la definizione di un tetto annuale delle emissioni delle aziende, l’applicazione di una imposta per ogni tonnellata di CO2 emessa superiore a quelle autorizzate e un mercato nel quale permettere alle aziende di commercializzare i permessi di emissione.
In linea di principio, il meccanismo Carbon Border Adjustment Mechanism, sintetizzato e semplificato nel concetto di Carbon tax, è idealmente concepito per portare benefici sia (soprattutto) alle imprese europee, sia alle imprese extra-UE che operano sistematicamente con il nostro continente. Ma il vero interrogativo per tutti gli attori – istituzioni, imprese e rappresentanti di cittadini e consumatori – è come occorre agire affinché non si trasformi in un “boomerang”? come sostengono alcuni detrattori.
I fattori chiave che determinano il corretto funzionamento della Carbon tax
In questo dibattito si può oggi collocare il prezioso contributo che arriva dalla ricerca: “How Technology Can Tame the EU Carbon Tax on Imports” realizzata da BCG per SAP nella quale si è voluto portare l’attenzione sui fattori chiave che più di altri possono contribuire a dare alla carbon tax i connotati di un vero fattore di trasformazione dei sistemi di produzione.
Il dato più rilevante che si coglie dalla ricerca riguarda il ruolo della tecnologia dell’informazione e attiene in particolare ai meccanismi stessi del processo disegnato dalla CBAM: ovvero che tutti gli attori devono essere nella condizione di rispettare gli adempimenti della Carbon tax, per i benefici che può portare, per evitare sanzioni, per valorizzare, anche sul piano del posizionamento culturale e reputazionale dell’azienda, questo stesso adempimento.
La sfida attiene primariamente all’innovazione e all’evoluzione di filiera nel segno della misurabilità dei fattori che determinano l’applicabilità della norma. Ogni impresa deve essere nella condizione di disporre di tutte le informazioni relative alle emissioni per effettuare il calcolo dell’imposta e per questo è indispensabile contare su piattaforme e soluzioni che permettano di gestire la data collection e l’analisi dei dati per il calcolo delle emissioni nel rispetto della metodologia definita e approvata dall’UE.
Un altro aspetto di fondamentale importanza, considerando l’impatto delle filiere a livello di supply chain, riguarda la condivisione dei dati e la necessità di disporre anche in questo caso di soluzioni in grado di garantire uno scambio sicuro. Dietro all’applicazione di questa normativa si nascondono temi che attengono sia alla compliance sia al risk management, considerando le problematiche che possono derivare, anche a livello di impatto sulle operations delle imprese, nel caso di eventuali errori a livello di gestione dei dati e di calcolo della carbon tax.
Il settore metallurgico tra i più esposti
Dal punto di vista finanziario, la CBAM presenta già oggi un impatto molto rilevante. Le imprese esposte verso l’estero in termini di importazione di beni e materie prime secondo i calcoli della Commissione europea dovranno sostenere qualcosa come 2 miliardi di euro di costi all’anno entro il 2030. In particolare, l’impatto appare rilevante su alcuni beni – come nel settore metallurgico – dove l’analisi di BCG indica che entro il 2032 il costo di ferro e acciaio importato è destinato ad aumentare in modo significativo, nella misura del 6% nel caso di importazioni provenienti da USA e Regno Unito, del 10% nel caso di provider attivi in Turchia, del 12% nel caso in cui i fornitori siano attivi in Corea del Sud, del 17% per quanto riguarda la Cina, per arrivare al picco del 32% nel caso di aziende attive in India. La ricerca allarga naturalmente lo sguardo anche per leggere i settori sui quali questo impatto rischia di mostrare le maggiori conseguenze in termini di cambiamento di condizioni (pricing) di mercato e in questo caso i settori più interessati sono il mondo automotive, il building, gli imballaggi, la produzione di gli elettrodomestici.
Piattaforme integrate per gestire fonti e variabili che determinano la misurabilità delle emissioni
Le prospettive aperte dalla CBAM confermano la necessità per le imprese di disporre di piattaforme integrate per la gestione anche di questi dati e di questa rendicontazione. Di fatto il Carbon Border Adjustment Mechanism rappresenta una ulteriore spinta per le imprese per avere una completa e precisa visibilità delle emissioni di tutta la propria catena di fornitura. A prescindere dalla compliance relativa alla “tassa” c’è un tema di “contabilità” delle fonti e dei dati relativi alle emissioni che è destinato a rappresentare la vera “carta d’identità” dell’impatto ambientale di ogni impresa. La valorizzazione delle tasse da pagare così come il calcolo delle esenzioni previste parte evidentemente per ogni azienda dalla capacità di disporre di dati e di analytics.
Non c’è solo la Carbon tax. Uno sguardo all’IRA negli USA
Ma perché è così importante oggi per le imprese prepararsi a questo scenario? La prospettiva non è solo legata alla necessità di adempimento del Carbon Border Adjustment Mechanism in un percorso verso il controllo delle emissioni limitato alla sola Europa perché le imprese devono essere nella condizione di affrontare “meccanismi” normativi destinati e esercitare forme di monitoraggio, controllo e riduzione delle emissioni sulle importazioni anche in altri mercati. In questo caso l’orizzonte deve comprendere in particolare (ma non solo) gli USA, la Gran Bretagna, il Canada.
Gli Stati Uniti nello scorso mese di agosto (2022) hanno visto l’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) (qui per maggiori informazioni): una normativa che lancia un piano di investimenti di oltre 369 miliardi di dollari da investire in progetti per contrastare i cambiamenti climatici e favorire la diffusione di energie rinnovabili unitamente a interventi e progetti per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica e altre misure. Nell’ambito dell’IRA va poi evidenziato – a titolo di esempio – l’adozione e l’attivazione di un programma di riduzione delle emissioni di metano (MERP) che prevede da una parte l’introduzione di una tassa sul gas disperso nell’ambiente e dall’altra l’impegno a mettere a disposizione incentivi per le imprese che attivano progetti per ridurre le emissioni. Sempre nell’ambito dell’IRA sono previste forme di incentivazione basate su crediti di imposta per supportare progetti destinati a produrre elettricità a zero emissioni di gas serra e per tutte le iniziative che consentono la cattura, la rimozione, lo stoccaggio e il trasporto del carbonio, con particolare attenzione alle soluzioni del mondo industriale ed energetico. Tutte prospettive che imporranno alle imprese che operano con aziende multinazionali di garantire una corretta “contabilità” sovranazionale e sovracontinentale del carbonio per rispettare le normative innanzitutto e per garantirsi l’accesso agli incentivi previsti.
Carbon tax: un impatto diretto sul valore dei prodotti
L’importanza di piattaforme integrate in grado di gestire tutte le fonti di dati che incidono su questi parametri appare più che strategica, considerando che questi parametri sono destinati a incidere in modo diretto sulla competitività delle imprese. Il valore di molti prodotti sarà infatti sempre più determinato da parametri come l’intensità di carbonio del bene e il prezzo del carbonio per tonnellata.
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