Sostenibilità: un peso per le aziende? Sembrerebbe proprio di no, è anzi una opportunità, almeno per chi ha un atteggiamento proiettato al cambiamento, stando a una recente indagine SAP. I risultati rivelano infatti che la leva Green si sta dimostrando sempre più “uno strumento privilegiato per aumentare i ricavi, migliorare l’efficienza e ridurre i rischi”. E proporsi come early adopter di tecnologie che strizzano l’occhio alla sustainability sarebbe il segreto per inoltrarsi nel campo ESG senza esporsi a troppi pericoli.
Ma la sfida non è comunque all’acqua di rose. Mentre, infatti, lo sguardo del Manufacturing globale si concentra sempre più sull’economia circolare, approccio che si sta imponendo come mainstream per la sua capacità rivoluzionaria di creare di prodotti redditizi senza sprechi e migliorare le prestazioni aziendali, la voglia di sostenibilità continua a scontrarsi con le difficoltà di una piena Digital transformation. “Dove c’è volontà e determinazione, non c’è necessariamente un modo semplice per soddisfarle, soprattutto quando si tratta di applicare una tecnologia”, afferma Carla Masperi, Amministratore Delegato di SAP Italia.
Il problema di fondo è che molte delle tecnologie destinate a giocare un ruolo importante nella risoluzione del problema della sostenibilità, come l’intelligenza artificiale (AI) e la blockchain, sono ancora nelle prime fasi del loro sviluppo per quanto attiene le applicazioni legate ai temi della gestione delle risorse, dell’energia, della sustainability. E stando alla voce dell’Agenzia internazionale per l’energia, ben il 50% delle riduzioni delle emissioni di carbonio entro il 2050 proverrà da tecnologie che sono oggi allo stadio di prototipo o versione beta.
Se quindi puntare sulla sostenibilità richiede l’uso di soluzioni di ultima generazione, la conseguenza per le imprese è evidente: lavorare con le tecnologie in fase iniziale richiede una mentalità da early adopter, inclusa una forte tolleranza al rischio e disponibilità al cambiamento.
E questa è la faccia meno piacevole di una medaglia che, tuttavia, può trasformarsi in un punto di forza: la stessa mentalità può infatti tornare utile (e vincente) quando le aziende affronteranno la sfida del secolo, puntando a diventare più sostenibili e al tempo stesso più redditizie.
Ma le aziende sono davvero pronte a lanciarsi sul treno in corsa dell’innovazione green? Secondo SAP, il nodo della questione sta proprio qui. La maggior parte delle aziende, secondo il sondaggio, non avrebbe infatti il temperamento per rischiare di lavorare con strumenti IT in fase iniziale: gli intervistati sono ancora fortemente concentrati sull’investimento nelle tecnologie più consolidate, come il cloud computing e gli strumenti di collaborazione dei dipendenti. “E questo – non nasconde Carla Masperi – può rappresentare un freno”.
Ottenere valore nonostante i rischi
L’indagine SAP, svolta con l’obiettivo di valutare se i primi utenti di una tecnologia stiano ottenendo valore nonostante i rischi, ha posto l’attenzione sugli utilizzatori di tecnologie che hanno il potenziale (o sono già utilizzate) per ridefinire e gestire i grandi colpevoli di emissioni globali, dalle reti energetiche ai sistemi di trasporto, sino alla produzione e alle catene di approvvigionamento. Nello specifico, il focus si è posizionato su aziende che utilizzano quattro categorie di tecnologie ancora nelle prime fasi di sviluppo: interazione uomo-computer, realtà virtuale e aumentata, blockchain e registri distribuiti e apprendimento automatico.
Gli intervistati sono stati divisi in tre gruppi: quelli che non utilizzano nessuna delle tecnologie in fase iniziale (26%), quelli che usano da una a due (62,8%) e quelli che usano da tre a quattro (11,2%). Confrontando i tre gruppi, SAP ha scoperto che, in generale, più tecnologie in fase iniziale utilizzano le aziende, più è probabile che colleghino la sostenibilità ai loro obiettivi di business. Nel frattempo, è molto probabile che gli intervistati che utilizzano da tre a quattro tecnologie in fase iniziale – gli early adopter – considerino la sostenibilità non come un costoso onere, ma piuttosto come una caratteristica per migliorare le entrate e l’efficienza.
Il potenziale svantaggio? I “primi utenti” potrebbero essere troppo fiduciosi. “La loro percezione del grado di rischio che li attende in futuro – chiarisce Carla Masperi – è inferiore a quella degli altri intervistati. Potrebbero avere ragione, o, in questi tempi incerti, potrebbero sbagliarsi. Ma sono pronti a fare la scommessa”.
Più redditività e competitività nelle previsioni degli early adopter
Gli intervistati in generale vedono l’aumento della sostenibilità nei prodotti e nei servizi come un percorso verso una maggiore efficienza. Ma gli early adopter portano questa “fede” a un livello superiore. Secondo le conclusioni di SAP, coloro che utilizzano tre o quattro tecnologie in fase iniziale hanno una probabilità significativamente maggiore di vedere la sostenibilità come uno dei modi migliori per aumentare l’efficienza rispetto ad altri intervistati. I numeri, in questo senso, parlano chiaro: 44,1%, rispetto al 39,1% degli intervistati che utilizzano una o due delle tecnologie e il 38,4% degli intervistati non ne usano nessuno.
La sostenibilità non è dunque necessariamente un costo aggiuntivo, come molti credono. Ad esempio, le aziende possono utilizzare la blockchain per tracciare i prodotti in una catena di approvvigionamento. E sapendo come e dove i fornitori ottengono i loro materiali, possono collaborare con i loro partner per cercare modi più efficienti (e più ecologici) per raggiungere gli stessi obiettivi. Allo stesso modo, la realtà aumentata (AR) può consentire alle compagnie petrolifere di evitare i costi e le emissioni dell’invio di uno specialista su una piattaforma in mezzo all’oceano: avere qualcuno in loco che esegue la eventuale riparazione sotto la guida di un esperto da remoto, attraverso gli occhiali AR, è certamente meno costoso e più ecologico.
Insomma, è tutto un gioco di equilibri. “Se hai intenzione di essere un early adopter – sottolinea Carla Masperi -, devi arrivarci con la certezza che la tua assunzione di rischi alla fine aiuterà le prestazioni aziendali”. Non a caso, il contrasto fra le posizioni è netto: fra chi utilizza tre o quattro tecnologie in fase iniziale, ben l’83,7% vede già prove di una trasformazione del business in senso notevolmente più redditizio. Il dato scende al 73,3% fra chi utilizza una o due tecnologie e al 68,7% fra chi non ne sceglie nessuna. Il divario è simile quando si tratta di competitività a lungo termine: la strada punta in quella direzione per l’84,6% dei primi utenti, contro il 75,1% di coloro che utilizzano una o due tecnologie in fase iniziale e il 70,7% di coloro che non ne utilizzano.
Il nuovo midset: l’economia circolare
Davanti a un simile scenario, tuttavia, ragionare solo in termini tecnologici può risultare fortemente riduttivo. Le analisi di SAP mirano infatti a completare il quadro indagando anche gli approcci culturali che possono aiutare le imprese ad avvicinarsi alla sostenibilità in modo efficace ed efficiente.
Uno dei principali è certamente l’economia circolare che, sulle note del mantra “lo spreco è un fallimento”, sta progressivamente ridisegnando i processi di progettazione, produzione e logistica del prodotto.
SAP rivela che sono quattro i fattori che stanno guidando il futuro dell’economia circolare: la scarsità e la volatilità delle risorse (che stanno facendo aumentare i costi, spingendo le aziende a salvare i materiali di produzione prima che finiscano in discarica); i robot e l’AI (i primi, potenziati dall’intelligenza artificiale, sono disassemblatori e selezionatori intelligenti e veloci di prodotti usati, rendendo il riutilizzo sia economico che redditizio); le esigenze dei clienti, che iniziano a preferire le logiche di servizio (l’erogazione di un bene in forma di servitizazion, piuttosto che la vendita di prodotti, incoraggia i produttori a prolungare la vita dei beni per massimizzare i loro rendimenti); la manutenzione predittiva (che riduce i costi grazie a sensori Internet of Things (IoT) e segnali AI quando le apparecchiature monitorate, come oleodotti o motori di aeroplani, necessitano di riparazioni).
Si tratta di un vero cambio di mindset rispetto al passato: gli approcci aziendali tradizionali presuppongono che le risorse siano troppo specializzate per essere riutilizzate o distribuite in nuovi modi. In un mondo con risorse limitate, invece, conviene adottare una mentalità di “cattura del valore”: un approccio che parte dal presupposto che qualsiasi risorsa abbia un valore al di là del suo scopo primario o originale. L’acquisizione della capacità di valore consiste nell’identificare attivamente le risorse che sono sottoutilizzate, sprecate o scartate e trovare modi per recuperarle, utilizzarle, venderle o comunque monetizzarle.
Plastica e cemento danneggiano il pianeta ma sono anche indispensabili. Quindi, invece di eliminarli, perché non reinventare il modo in cui sono realizzati per diventare più rispettosi del pianeta? Lo stanno già facendo ricercatori e aziende innovative, basti pensare alla plastica che è durevole, ma biodegradabile perché composta da rifiuti alimentari. O al cemento fortificato con piante di canapa, otto volte più leggero del cemento standard e ideale per i marciapiedi.
La ricerca di SAP Insights ha rilevato che il più grande ostacolo per le aziende all’intraprendere più azioni ambientali è la loro incertezza su come incorporare la sostenibilità nei processi e nei sistemi aziendali. “Il tutto – conclude Carla Masperi – senza sapere che la riprogettazione dei prodotti e processi spesso si basa su processi e sistemi esistenti, svelando nuove opportunità per tagliare i costi e creare nuovi flussi di reddito”.
Appuntamento a SAP NOW il 20 ottobre
Che fare dunque? I suggerimenti di SAP, anche alla luce dei risultati dei sondaggi, saranno approfonditi il 20 ottobre a Milano a SAP NOW, l’evento che SAP Italia dedica alla business community per approfondire come il digitale possa rigenerare il business rispettando la Terra.