Anche la realizzazione delle infrastrutture, snodo cruciale per la competitività del sistema Paese, può essere fatta in maniera sostenibile. Ne è fermamente convinto il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, intervenuto giovedì mattina nel corso di FORUM PA 2022, la manifestazione organizzata da FPA e dedicata all’innovazione sostenibile nella PA. La necessità di una svolta sostenibile del comparto è stata infatti il filo conduttore dell’intero intervento del ministro: “Stefano Zamagni, professore emerito dell’Università di Bologna, che ha molto spinto per un approccio all’economia civile, dice che l’alternativa all’economia civile è un’economia incivile. Qual è dunque l’alternativa alle infrastrutture sostenibili? Quelle insostenibili. Può sembrare una banalità, ma è esattamente il problema che ci troviamo davanti, perché molte delle nostre infrastrutture sono state costruite un bel po’ di anni fa e non parlo soltanto di quelle stradali, ma anche di quelle ferroviarie, delle infrastrutture idriche, ma anche delle nostre città. che si sono sviluppate in modo caotico. Quella che abbiamo davanti è una sfida duplice: da un lato mettere in sicurezza le infrastrutture esistenti, dall’altro sviluppare nuove infrastrutture”.
Come incidere sulle infrastrutture esistenti
Questo spiega anche la scelta del cambio di nome del ministero delle infrastrutture, a cui è stato aggiunto l’aggettivo sostenibile: “La sostenibilità delle infrastrutture diventa cruciale, non vogliamo più fare errori che sono stati fatti nel passato. Perché purtroppo molte infrastrutture non sono state pensate con questa logica e, dunque, oggi parlare infrastrutture sostenibili è considerato un ossimoro, perché si pensa che distruggano sempre gli ambienti naturali, incidendo negativamente sul territorio. Dunque, relativamente alle infrastrutture esistenti, abbiamo bisogno che il modo in cui si fanno gli interventi di manutenzione non solo ne allunghi la vita, ma le renda adatte al XXI° secolo. Ad esempio devono essere monitorate tramite strumenti digitali e non soltanto con l’ingegnere che ci dà un’occhiata in maniera approssimativa. Ma accanto agli investimenti fisici servono riforme nel modo in cui il sistema cura le manutenzioni, la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture”.
Il riferimento, in particolare, è al decreto legge approvato lo scorso 15 giugno dal Consiglio dei ministri, che interviene in maniera decisa sul tema delle infrastrutture idriche, in particolare sulle oltre 500 dighe italiane di rilievo dimensionale. “Il modo attuale con il quale noi sovrintendiamo come Ministero alla sicurezza di queste infrastrutture, prevede che le Regioni affidino a dei concessioni la realizzazione e la gestione, ma questo sistema non funziona. Spesso le nostre linee guida non sono messe in campo, le ideazioni non portano ai cambiamenti necessari nei comportamenti dei concessionari. Ma anche perché abbiamo bisogno che il monitoraggio di queste infrastrutture sia fatto usando le nuove tecnologie digitali. Serve insomma un salto di qualità e quindi abbiamo previsto possibilità di utilizzare poteri sostitutivi rispetto ai soggetti che non fanno gli adeguamenti secondo le linee guida. Dunque anche il sistema di governance va rafforzato, non a caso abbiamo irrobustito molto l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria e delle strade (Ansfisa), creata dopo la caduta del ponte Morandi, che ha avuto molte difficoltà dopo essere stata avviata. Abbiamo voluto chiarire le competenze e dare ancora più poteri, perché non possiamo più permetterci che le nostre infrastrutture non siano controllate e assicurate dal punto di vista strutturale e dinamico”.
I principi delle infrastrutture sostenibili
Per quanto riguarda le nuove infrastrutture, invece, uno dei grandi cambiamenti intrapresi in questo ultimo anno e mezzo è stato quello di prendere sul serio le linee guida in materia stabilite dal G20 del 2021, che definiscono nel dettaglio che cos’è una infrastruttura sostenibile attraverso sei principi chiave. “L’obiettivo è quello Do not significant arms, cioè di non danneggiare significativamente ambiente. Lo dico per le PA che avranno in dote i fondi europei 2021-27: cioè i limiti che sono stati posti sul PNRR si estendono anche al resto dei finanziamenti. Nessuno si illuda di fare con questi finanziamenti quello che non è stato possibile fare con il PNRR. Lo sottolineo perché le PA comprendano che si tratta di un cambiamento epocale, che richiede un cambiamento altrettanto epocale nelle forme e nei contenuti con cui si fa la progettazione delle opere, ma anche come le si realizzano, come si documenta quello che si è fatto in termini di carbon footprint. È un cambiamento culturale ma senza ritorno: con l’approvazione definitiva della legge delega sugli appalti dal Senato, ora nei decreti delegati saranno inserite le nuove linee guida per i progetti di fattibilità tecnica ed economica. Il progetto di fattibilità tecnico ed economica andrà sempre corredato con una relazione di sostenibilità, che non è solo ambientale, m anche sociale. Bisognerà dunque spiegare come ogni singola opera ridurrà le diseguaglianze, come impatterà sul benessere sociale e non soltanto su quello economico. Questo cambiamento impone alle stazioni appaltanti un forte ripensamento del modo in cui si fanno i progetti, ma anche di come sono impostate le gare stesse”.
Più attenzione alle comunità locali
Il ministro rivendica poi l’azione fatta sul fronte dell’accettabilità sociale: “In coerenza con G20 abbiamo deciso di rimettere al centro il dibattito pubblico, che era stato accantonato da governi precedenti come una scocciatura che faceva perdere tempo. L’abbiamo rimesso al centro con delle regole, con un contingentamento dei tempi. Penso alla circonvallazione ferroviaria di Trento, un’infrastruttura attesa da 20 anni, che ha portato migliaia di persone a impegnarsi in un dibattito pubblico e che è stata un contributo fondamentale per la conferenza dei servizi che ora darà il via libera finale a realizzazione dell’opera. D’altra parte veramente pensiamo di ricostruire il nostro Paese senza coinvolgimento delle comunità locali? Non è possibile e non è pensabile, inoltre i dati mostrano che questo tipo di dibattito in Italia non produce l’effetto Nimby di cui si continua a parlare. Al contrario, una volta che si spiegano le cose e si coinvolgono le persone il risultato è positivo. Chiaramente si tratta di un cambiamento culturale importante per le PA: non avere paura del confronto con stake holders. Non a caso al ministero una delle prime cose che ho fatto è stata quella di creare una consulta con più di 60 associazioni di categoria per dialogare su tutti questi aspetti”.
Infine Giovannini ha ricordato come il Governo abbia recentemente emanato una direttiva rivolta al Cipess, il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile: per tutte le opere che passano al vaglio di questo organismo deve essere controllato l’impatto su tutti 17 obiettivi sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030. “La modifica alla Costituzione che abbiamo realizzato a febbraio con l’introduzione principi di difesa dell’ambiente e dei diritti delle future generazioni, sta diventando prassi e dovrà determinare un cambiamento profondo del modo con cui le pubbliche amministrazioni si approcceranno a questo problema. Superando la concezione delle esternalità negative, a cui si pensa soltanto dopo avere fatto i danni. Tutti i provvedimenti che abbiamo messo in campo nell’ultimo anno e mezzo ci permetteranno di superare l’idea che parlare di infrastrutture sostenibili sia un ossimoro”, ha concluso Giovannini.
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