L’attenzione sui temi dell’energia in questo periodo è come noto molto cresciuta: l’instabilità geopolitica a livello mondiale ha rinnovato, con forme e contenuti diversi, il senso di urgenza verso un ripensamento nel rapporto con le risorse e con le fonti di approvvigionamento energetico.
A ben guardare sono passati pochi mesi da un COP26 che aveva posto i temi energetici al centro di un grande confronto che aveva come orizzonte primario la decarbonizzazione e che con il Glasgow Climate Pact aveva trovato una faticosissima intesa e un compromesso su un progressivo abbandono delle fonti energetiche fossili.
In pochi mesi l’evoluzione dello scenario socioeconomico pone ai paesi europei in particolare e alle singole imprese di ripensare nuovamente ai temi energetici con una spinta ancora più consistente verso una trasformazione che deve necessariamente mettere in strettissima relazione la trasformazione sociale con quella industriale.
Per capire come sta evolvendo questo scenario ESG360 ha voluto confrontarsi con Franco Amelio, Deloitte Sustainability Leader, con Angelo Era, Energy, Resources & Industrials Industry Leader Deloitte e con Stefano Pareglio, Independent Senior Advisor, Sustainability.
La crisi attuale legata alle forniture di energia ha cambiato la prospettiva con cui si guarda ai temi della transizione energetica. Gli obiettivi di decarbonizzazione ovviamente restano, ma si devono confrontare con altre priorità e con altre urgenze. Come vedete lo scenario della transizione energetica per i prossimi mesi?
La crisi attuale ha reso del tutto evidente la rilevanza della sicurezza energetica dei Paesi europei. Questo elemento, sottostimato in passato, impone di accelerare nel processo volto ad affrancare l’Europa dai combustibili fossili. Ciò potrà comportare, nell’immediato, la sostituzione dei venditori russi con venditori di altri Paesi, tra cui gli USA, ma nel medio e nel lungo termine ciò potrà avvenire solo attraverso l’accelerazione della crescita delle fonti rinnovabili.
Agli obiettivi legati alla sicurezza energetica si aggiungono anche gli effetti derivanti dall’incremento e dalla volatilità dei costi degli idrocarburi creando uno scenario che rende già oggi le fonti rinnovabili più competitive che in passato, sia in termini di costo che di stabilità dei prezzi e quindi di riduzione dei fattori di rischio per i piani industriali delle nostre aziende.
A titolo di esempio, il costo del cosiddetto idrogeno grigio, prodotto tramite l’utilizzo di metano e immissione di CO2, con gli attuali prezzi del gas naturale si aggira, secondo calcoli Deloitte, intorno ai 6 euro al kg, in luogo dei circa 1,5-2 euro al kg valutato in studi del 2021. A questi prezzi l’idrogeno verde, prodotto tramite elettrolisi da fonte rinnovabile, rappresenta già oggi una soluzione competitiva, con un costo attuale tra i 3,5 ed i 5 euro al Kg ed una proiezione sotto i 2 euro al Kg entro il 2030.
Il recente report IPCC (Mitigation of Climate Change) rilasciato all’inizio di aprile mostra che i risultati dell’innovazione tecnologica sono concreti e dimostrano che nei principali settori si possono concretizzare in una vera svolta. Come cambia in questo scenario il ruolo delle tecnologie?
Il ruolo delle tecnologie è fondamentale, come sottolinea il report IPCC con particolare enfasi. L’innovazione è decisiva per la decarbonizzazione, grazie alla riduzione significativa dei costi delle tecnologie associate alle fonti rinnovabili, in particolare per la produzione fotovoltaica ed eolica e per il costo delle batterie. Costi che sono letteralmente crollati negli ultimi anni, al punto che la diffusione di molte tecnologie non richiede alcuna forma di incentivo.
Le stesse dinamiche purtroppo ancora non si stanno verificando con le stesse modalità per altre tecnologie, tra queste possiamo citare la produzione di combustibili di sintesi e la CSS (Carbon Sequestration and Storage), definite dal report IPCC come opzioni non ancora realmente percorribili. Per la CSS in particolare il progresso tecnologico non sta portando i risultati auspicati, nonostante si tratti di una tecnologia nota ed utilizzata da almeno 50 anni.
Sempre il report IPCC segnala che le tecnologie per la transizione energetica sono più performanti e più accessibili, come può cambiare lo scenario per le imprese grazie alla disponibilità di queste tecnologie?
Non v’è dubbio che alcuni settori industriali saranno profondamente trasformati. Pensiamo ad esempio ai due comparti che maggiormente contribuiscono alla produzione di gas serra: l’auto ed il riscaldamento dei nostri edifici. Qui l’elettrificazione è già in atto, ed è una soluzione oggi percorribile, anche secondo l’IPCC, e costituisce un trend consolidato, con una domanda ed una offerta in crescita.
Questi settori stanno vivendo una trasformazione radicale, al pari della generazione elettrica, da tempo chiaramente indirizzata verso la produzione da rinnovabili. Per altre tecnologie il futuro è ancora da confermare, il citato ritardo sulla CSS e la scarsa economicità della produzione di combustibili di sintesi rendono ad esempio ancora incerto il percorso di trasformazione di settori importanti come la siderurgia, la produzione del cemento e il trasporto pesante sulle lunghe distanze, per questi settori non abbiamo ancora soluzioni percorribili su larga scala ed è necessario investire in ricerca e sviluppo.
Tra i settori più importanti nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità c’è sicuramente il mondo manifatturiero con una trasformazione industriale che unisce transizione energetica e trasformazione industriale. Come vedete il ruolo del settore energetico nel processo di trasformazione del manufacturing?
Il settore manifatturiero è fortemente impattato dalla trasformazione in atto. L’investimento richiesto per lo sviluppo delle infrastrutture connesse alla trasformazione dell’energy mix è imponente: è necessario realizzare nuovi asset per la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia verde ed investire sulla trasformazione tecnologica degli usi finali, sia per l’utilizzo dei nuovi vettori energetici, sia per gli interventi di efficienza energetica. Altro aspetto rilevante evidenziato al report IPCC è connesso al fatto che gli investimenti nelle fonti fossili rischiano di trasformarsi in stranded costs, entro il 2030 per la filiera del carbone ed entro la metà del secolo per il petrolio, con potenziali perdite per chi investe oggi in questi settori.
Coerentemente con le dinamiche citate, registriamo una forte trasformazione in tutte le filiere. Le grandi società operanti nell’oil stanno dirottando parte degli investimenti in attività tradizionalmente nel core business del settore power and utilities, quali la generazione rinnovabile, lo sviluppo di servizi e soluzioni per l’efficienza energetica e l’economia circolare. Molte aziende in tutti i settori economici, dal consumer, ai servizi, all’industria, stanno inserendo nei loro piani industriali obiettivi net zero per il 2030 o il 2040, anticipando gli obiettivi dei propri governi e chiedendo ai propri fornitori impegni altrettanto sfidanti.
In ultimo è opportuno sottolineare, come la finanza oggi rappresenti l’altro grande alleato della transizione energetica. Gli operatori finanziari, a partire dai principali fondi d’investimento, hanno infatti compreso le potenzialità di business connesse alla decarbonizzazione, stanno incrementando il peso degli investimenti “green” nei loro portafogli a danno dei settori tradizionali, nell’ottica di incrementare la generazione di valore stabile nel medio e lungo termine.