In attesa della pubblicazione del programma completo, inizia a prendere forma il percorso verso la 27a sessione della Conferenza delle Parti (COP 27) nell’ambito della Conferenza quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), che si svolgerà a Sharm El-Sheikh, in Egitto, dal 7 al 18 novembre 2022.
Proprio questi giorni di marzo vedono concretizzarsi i primi step preparatori al summit, con focus in particolare sull’area Middle East and North Africa. Ma per comprendere il senso della roadmap che i Paesi dovranno affrontare allo scopo di arrivare pronti all’evento, è necessario fare un passo indietro.
E ripercorrere l’ultima puntata del lungometraggio avviato ben tre decenni fa, quando l’ONU ha dato il via alle riunioni di numerosi Paesi della Terra per i vertici globali sul clima chiamati COP, ovvero “Conferenza delle Parti” (quest’anno, come suggerisce il nome, si terrà la 27a edizione dell’appuntamento).
Cop27: a Sharm el Sheik partendo dai risultati di Glasgow
Lo scorso novembre, a Glasgow, si è chiusa quella che nelle previsioni era definita “la migliore, nonché ultima, opportunità del mondo per tenere sotto controllo le conseguenze devastanti del climate change”: Cop26.
Erano 4 gli obiettivi principali dell’evento, individuati dalla Presidenza:
- Mitigazione: azzerare le emissioni nette entro il 2050 e contenere l’aumento delle temperature non oltre 1,5 gradi, accelerando l’eliminazione del carbone, riducendo la deforestazione ed incrementando l’utilizzo di energie rinnovabili
- Adattamento: supportare i paesi più vulnerabili per mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali
- Finanza per il clima: mobilizzare i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo, raggiungendo l’obiettivo di 100 miliardi USD annui
- Finalizzazione del “Paris Rulebook”: rendere operativo l’Accordo di Parigi, con particolare riferimento a:
trasparenza: l’insieme delle modalità per il reporting delle emissioni di gas serra ed il monitoraggio degli impegni assunti dai Paesi attraverso i contributi determinati a livello nazionale (NDC – Nationally Determined Contributions); meccanismi (Articolo 6 dell’Accordo di Parigi); Common timeframes (orizzonti temporali comuni per definizione NDC).
Mitigazione, adattamento, finanza, traspaernza e standard tra i risultati di Cop26
Sulla base di queste intenzioni, quali sono stati i risultati concreti raggiunti da Cop26?
1. Mitigazione
Per la prima volta viene riconosciuto che l’obiettivo delle politiche climatiche deve essere quello di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. Solo 6 anni fa, con l’Accordo di Parigi, ci si era preposti come obiettivo i 2°C: essere riusciti ad inserire un riferimento molto più stringente e’ uno dei risultati più importanti della COP26, cui ha contribuito in maniera fondamentale l’ultimo report scientifico dell’IPCC, e le mobilitazioni della società civile. Aver inserito un tale riferimento implica che le politiche climatiche, messe in atto dai diversi Paesi, dovranno essere aggiornate e rinforzate, visto che con quanto previsto ad oggi l’obiettivo di 1.5°C non verrà raggiunto. Va inoltre sottolineato l’importanza di aver esplicitamente inserito, nel testo finale del Glasgow Climate Pact, il riferimento alla graduale eliminazione dell’uso del carbone.
2. Adattamento
Si è deciso di raddoppiare i fondi internazionali per le azioni di adattamento, soprattutto nei paesi più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. E’ stato inoltre approvato un programma di lavoro per definire il “Global Goal on Adaptation”, finalizzato a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento dei Paesi. Particolarmente accesa è stata la negoziazione sulle perdite ed i danni subiti in conseguenza dei cambiamenti climatici (“Loss and Damage”); forte la spinta negoziale per chiedere strumenti finanziari dedicati per supportare i Paesi per minimizzare le perdite ed i danni. Nelle conclusioni, è previsto l’avvio di un “dialogo” su questo tema, da concludersi entro il 2024, per l’istituzione di un fondo per sistemi di allerta e minimizzazione delle perdite e danni conseguenti ai cambiamenti climatici.
3. Finanza per il clima
L’obiettivo di raggiungere, entro il 2020, 100 miliardi di dollari annui per supportare i Paesi vulnerabili non è stato ancora raggiunto (nel 2019, si sono sfiorati gli 80 miliardi). Nell’ambito della COP26 sono stati tuttavia molteplici gli impegni da parte di diverse istituzioni finanziarie e dei Paesi per aumentare i propri contributi e far sì che tale obiettivo sia raggiunto il prima possibile. Secondo le stime dell’OCSE, si potrebbe raggiungere quota 100 miliardi annui entro il 2023, con la prospettiva di aumentare l’impegno gli anni seguenti.
4. Finalizzazione Paris Rulebook
Per rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi, sono stati finalizzati i lavori su tre temi di natura tecnica: trasparenza, meccanismi (“Articolo 6”) e tempistiche comuni per gli NDC (“common timeframes”).
Trasparenza
Sono state finalmente adottate le tabelle e i formati per il reporting ai sensi del nuovo quadro di trasparenza (ETF) dell’Accordo di Parigi, che entrerà in vigore per tutti i Paesi, sviluppati e non, entro il 2024. Tra queste le tabelle comuni (CRT) da utilizzare per la rendicontazione dei dati dell’inventario delle emissioni e degli assorbimenti dei gas serra, i formati tabulari comuni (CTF) per il monitoraggio dei progressi nell’attuazione e nel raggiungimento degli NDC e gli indici di importanti rapporti di trasparenza che i Paesi dovranno redigere e trasmettere periodicamente all’UNFCCC. Per la finalizzazione di questo lavoro, è stato necessario un accordo su come tradurre all’interno delle tabelle e dei formati le specifiche opzioni di “flessibilità” a disposizione dei paesi in via di sviluppo in caso non riescano ad applicare appieno le regole stabilite in virtù di limiti di capacità nazionali.
Meccanismi: Articolo 6
È stato raggiunto, inoltre, l’accordo sui meccanismi di mercato, relativo all’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che riconosce la possibilità per i Paesi di utilizzare il mercato del carbonio internazionale per l’attuazione degli impegni determinati a livello nazionale per la riduzione delle emissioni (NDC). Questo include l’adozione di:
- linee guida per i cosiddetti “approcci cooperativi” che prevedano lo scambio di quote (Articolo 6.2 dell’Accordo di Parigi), incluse le informazioni da includere nell’ambito del nuovo quadro di trasparenza;
- regole, modalità e procedure per i “meccanismi di mercato” (Articolo 6.4);
- un programma di lavoro all’interno del quadro degli approcci “non di mercato” (Articolo 6.8), con avvio nel 2022.
Common timeframes
Infine, è stato raggiunto un accordo per una (breve) decisione che incoraggia (dunque in maniera non vincolante) i Paesi a comunicare gli NDC su base quinquennale e con delle tempistiche comuni per la loro attuazione di 5 anni.
Il dibattito che anticipa Cop27: “Glasgow come un successo o come un fallimento?”
Insomma, un successo o un fallimento il summit scozzese? Per molti, la Cop26 dello scorso novembre 2021 è stata un vero e proprio disastro. Sotto accusa soprattutto la decisione dei 196 Paesi partecipanti di voler ‘ridurre‘ piuttosto che ‘eliminare’ l’uso del carbone su scala globale. Un compromesso su uno dei combustibili fossili più inquinanti, diventato simbolo in negativo del meeting.
Il problema, affermano gli analisti, è che la situazione del pianeta richiede di agire subito. L’ultimo rapporto dell’Ipcc sui cambiamenti climatici spiega molto bene perché, senza interventi immediati, lo scenario diventerebbe allarmante: l‘aumento della temperatura globale, anche se solo di frazioni di grado, minaccia la sopravvivenza della vita sul pianeta, riducendo via via la nostra capacità di adattamento.
Ma non per tutti la Cop26 è stata così “da buttare”. Per la prima volta, afferma l’Ispi, si è parlato di un impegno globale alla de-carbonizzazione, seppur senza eccessive ambizioni. Inoltre, per l’Agenzia Internazionale dell’Energia i governi hanno preso impegni che, se rispettati, ‘limiteranno’ il riscaldamento globale a 1,8 gradi entro fine secolo. Non quanto sarebbe necessario, ma meglio di niente.
Ma la strada adesso porta verso Cop27
Oggi, come detto, inizia a prendere forma la strada in direzione di Cop27. Nulla di concreto è ancora sul tavolo, ma i primi appuntamenti destinati ad avere influenza sull’evento hanno già avuto luogo.
E’ il caso, ad esempio, della prima Middle East and North Africa Regional Climate Week della storia, summit che ha avuto luogo a Dubai a fine marzo. Nell’occasione Nigel Topping, portavoce della COP26, e Mahmoud Mohieldin, neo nominato portavoce egiziano per la COP27, si sono uniti alle parti interessate regionali di tutta la regione MENA (Middle East and North Africa) per condividere le loro riflessioni sulla COP26 e per galvanizzare la comunità degli attori non statali dietro la visione condivisa di un’ambiziosa azione per il clima sulla rotta per la COP27.
Il programma di lavoro si è fondato sugli obiettivi e l’approccio strategico del partenariato di Marrakech per l’azione globale per il clima per il 2022, che rappresenta un vasto ecosistema di attori non statali impegnati ad affrontare il cambiamento climatico e a fornire un mondo più sano, più resiliente e a zero emissioni di carbonio entro il 2050. Gli attori non statali includono città, regioni, investitori, imprese e società civile che hanno la capacità di intraprendere azioni per il clima di vasta portata e ambiziose, integrando e rafforzando i piani climatici cruciali dei governi.
Basandosi sul lavoro dell’ultimo anno, il programma di lavoro ha le seguenti priorità principali per l’azione per il clima nel 2022:
Rafforzare e integrare la resilienza.
Ciò comprende molti progetti, tra cui l’identificazione delle azioni che gli attori non statali possono intraprendere per affrontare le perdite climatiche esistenti e future, lo spostamento della narrativa sulle perdite climatiche e l’integrazione della resilienza climatica attraverso l’approfondimento del coinvolgimento con le parti interessate legate alla resilienza.
Finanziare l’azione per il clima
I Climate Champions lavoreranno per chiarire l’architettura globale della finanza verde per guidare l’allineamento e la sinergia tra la mobilitazione di capitali verso i mercati emergenti e i paesi in via di sviluppo. Basandosi su questo, esploreranno il finanziamento della resilienza, compresa una migliore valutazione del rischio climatico e il sostegno all’impegno del settore privato; finanziamento dell’implementazione net-zero a breve termine; e infine la natura, compreso il sostegno a più istituzioni finanziarie per elaborare e portare a termine piani per eliminare la deforestazione guidata dalle materie prime agricole.
Accelerare l’azione climatica immediata
Sebbene tutto il lavoro del partenariato di Marrakech sia orientato all’azione, quest’anno quest’enfasi viene alla ribalta con due elementi chiave dell’azione per il clima. In primo luogo, traducendo gli impegni nei piani e assicurandosi che gli impegni dei membri della campagna Race to Zero siano chiari, con azioni significative con rapporti sui progressi. In secondo luogo, realizzare progressi tangibili verso i risultati rivoluzionari del 2030 attraverso un’azione coordinata attraverso le catene del valore del settore dell’economia reale.
Costruire credibilità e fiducia
In tutto questo lavoro, i Climate Champions e il partenariato di Marrakech si sono impegnati a rafforzare la guida e la responsabilità delle campagne globali e a chiarire i processi di tracciamento e rendicontazione come parte del nostro contributo generale all’appello del Gruppo di esperti in rete del Segretario generale delle Nazioni Unite Zero.
Nell’ambito di questi sforzi collaborativi per accelerare l’azione per il clima quest’anno, i Climate Champions si concentreranno anche su tre fattori critici per guidare con successo il ciclo dell’ambizione, vale a dire:
- Monitorare i progressi, in particolare con l’allineamento del tracciamento delle azioni da parte di attori non statali, fornendo formalmente i loro contributi alle componenti di preparazione e valutazione tecnica nel 2022 e facilitando il loro contributo alla valutazione globale formale del 2023.
- Collaborazione radicale, in particolare tra i governi nazionali e gli attori non statali nelle regioni chiave per potenziare il ciclo dell’ambizione positiva e costruire e mantenere relazioni di fiducia profonde all’interno delle parti interessate del partenariato di Marrakech e altri nel periodo che precede e durante la COP27.
- Regionalizzazione dell’agenda non statale per l’azione per il clima rafforzando la partecipazione di attori non statali alle campagne faro, in particolare facendo leva sulle Regional Climate Weeks in tutto il calendario dell’azione per il clima.
Cop27: i temi sul tavolo a Sharm el Sheik
Sulla base di questi primi punti fermi, di cosa si parlerà dunque – nel concreto – a Sharm?
- In Egitto, innanzitutto, dovranno essere aggiornati gli impegni dei governi sulla riduzione delle emissioni, come deciso a Glasgow. Il focus sarà soprattutto su Cina e India, che hanno finora dichiarato tempi molto lunghi per la loro transizione energetica: la speranza è che accelerino le tempistiche, cosa su cui comunque la platea internazionale nutre un certo scetticismo E il comportamento della Russia, uno dei principali Paesi in termini di emissioni e di esportazione di combustibili fossili, al momento è ovviamente una grande, tragica incognita.
- Alla Cop27 ci si augura poi venga stanziato dai Paesi più ricchi il famoso fondo da 100 miliardi annui in sostegno alle nazioni in via di sviluppo. Su questa iniziativa si trovò l’accordo addirittura nel 2009, alla Cop15 di Copenhagen, ma poi mai nulla è stato fatto.
- Anche il tema della finanza climatica assumerà una rilevanza decisiva, soprattutto dato che il meeting è ospitato dal continente che meno ha contributo al riscaldamento globale, ma che forse di più ne subisce le conseguenze.
- In Egitto sarà infine affrontato il tema dei forti aumenti di luce e gas, dovuti non solo alla guerra tra Ucraina e Russia, ma anche al colpevole ritardo negli investimenti sulle rinnovabili, alla grande richiesta globale di materie prime energetiche e alle pratiche speculative delle grandi aziende. Tra i primi effetti degli aumenti, il ritorno del dibattito sull’uso dell’energia nucleare, inserita con molte polemiche dalla Commissione Ue nella sua tassonomia delle fonti sostenibili.
Secondo gli analisti, viste queste premesse, il lavoro dei negoziatori non si annuncia semplice. Un ruolo chiave potrebbe essere giocato dai movimenti sociali: al fianco di Greta Thunberg, fra gli attivisti più noti c’è proprio l’africana Vanessa Nakate, che avrà certamente un peso cruciale nelle politiche di sensibilizzazione. Ma non va scordato che l’Egitto resta comunque un Paese in cui la repressione degli attivisti è fortissima. La speranza è che la voce a favore della salute del pianeta, al di là di tutto, possa farsi sentire come merita.