Proprio in questi giorni sono scattati i cento giorni senz’acqua in tutta la pianura padana, il fiume Po registra una secca drammatica con una profondità del corso d’acqua che è scesa di oltre sette metri sotto il livello idrometrico. Si parla in qualche caso del grande fiume come di un torrente, con immagini che documentano la situazione più grave mai vissuta negli ultimi 30 anni. In questo momento, così come è capitato in altre occasioni, il più importante fiume italiano è anche il simbolo di una situazione e di un territorio a forte vocazione agroalimentare e industriale che è chiamato a reagire sulle conseguenze dirette degli effetti dei cambiamenti climatici.
Ma la criticità legata alla carenza di piogge e di acqua, come purtroppo insegnano anche il risk management relativo alla sostenibilità e come cercano di applicare i principi ESG, si deve leggere comprendendo anche altri fenomeni. Le grandi associazioni del mondo agricolo stanno da tempo denunciando che la mancanza di piogge porterà a pesanti conseguenze per molte colture con un impatto a vari livelli sulle forniture di beni agroalimentari. Nello stesso tempo, il settore primario e il mondo dell’industria agroalimentare sta cercando di risolvere i gravi problemi che hanno colpito le catene di fornitura di grano, di mais e altri cereali e di fertilizzanti a causa del conflitto in Ucraina.
La gravità della crisi idrica che colpisce il nostro paese deve infatti essere letta anche in relazione alla situazione generale delle catene di fornitura, che rendono ancora più evidente quello che rappresenta il vero fattore chiave che unisce clima e geopolitica con la vita sociale e l’economia.
Si tratta di scenari che si sovrappongono come nel caso dell’utilizzo industriale di acqua, che con la crescita dei consumi legati alle imprese, testimonia di un fabbisogno che è già ampiamente “esploso” e che si deve “sommare” ai consumi legati alla crescita demografica in generale e ai bisogni legati al fenomeno dell’urbanizzazione.
(Nella tavola che segue sono rappresentati i dati relativi alla previsione nell’evoluzione dei consumi industriali di acqua a livello mondiale dal 2010 al 2050 in migliaia di metri cubi. Fonte Statista)
La crescita dei consumi industriali di acqua
Già queste criticità devono imporre di trovare una risposta univoca a due domande che appaiono fondamentali: Che valore ha l’acqua oggi? e Cosa possiamo fare per difenderlo e preservarlo?
Alcuni dati ci dicono che, purtroppo, l’acqua ha oggi un valore percepito molto basso. Appare inaccettabile che ancora nel 2020, sulla base dei dati del rapporto Istat 2021, addirittura qualcosa come il 40% dell’acqua viene sprecato a causa di perdite o di problematiche collegate alla rete idrica. Questo significa che, per le ragioni legate alle infrastrutture, di quasi 9 miliardi di metri cubi di acqua che si immettono in rete solo poco più di 4 miliardi arrivano a destinazione e vengono effettivamente utilizzati.
Purtroppo le criticità di questo percorso non finiscono qui. Nel nostro paese abbiamo un consumo pro-capite di acqua già di base molto superiore alle media europea, vale a dire 220 litri al giorno contro i 165 litri al giorno e purtroppo una buona parte di questo consumo non solo potrebbe essere risparmiato, ma si configura a tutti gli effetti come uno spreco, ovvero non porta nemmeno benefici. Uno spreco legato alle abitudini e ai comportamenti che penalizza l’ambiente, e rappresenta un doppio costo per la collettività e per ciascun individuo o famiglia. Certamente tra la raccomandazione dell’OMS di non superare i 50 litri di acqua al giorno e gli attuali 220 ci sono ampi spazi di miglioramento.
E si tratta di un miglioramento sul quale un ruolo importante lo possono svolgere tre fattori tra loro fortemente correlati:
- una educazione al rispetto dell’acqua che sia in grado di condurre a una trasformazione nelle abitudini delle persone e delle famiglie;
- una innovazione tecnologica e digitale che, come già sta avvenendo, consente di ridurre e azzerare gli sprechi “indesiderati”;
- una doppia, forte, spinta del mondo ESG nel valorizzare le realtà, private e pubbliche, nelle loro performance nella gestione dell’acqua e nel premiare e finanziare le imprese che specificatamente lavorano sui temi dell’innovazione del water management a più livelli, con particolare attenzione nell’innovazione digitale, ovvero soluzioni in grado di valorizzare l’acqua come asset.
Il ruolo del PNRR per la digitalizzazione delle infrastrutture idriche
Le soluzioni, primariamente a livello industriale, per il water management e soprattutto per il wastewater non solo non mancano ma iniziano a guadagnare spazio. Tuttavia non basta, l’acqua è un asset e come tale deve essere considerato, gestito e valorizzato. Per questo è il momento, oggi più che mai, di concentrare l’attenzione sulle risorse legate al piano Next Generation EU e alla parte attuativa che fa riferimento ai progetti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per rispondere a quello che appare oggi come il bisogno primario per invertire, almeno nel nostro paese, la criticità legata alla crescita degli sprechi con una digitalizzazione delle infrastrutture.
Gli oltre 4 miliardi destinati “agli invasi”, i 900 milioni destinati all’ammodernamento delle reti cittadine e gli oltre 500 milioni a loro volta indirizzati alla parte degli impianti di depurazione e delle infrastrutture fognarie sono una occasione per portare la capacità di rilevazione, controllo e di azione del digitale al servizio della gestione delle acque nei territori.
(Come indicato nella tabella seguente il mercato delle soluzioni per la gestione di water e wastewater nel 2020 con proiezione al 2028, in Miliardi di dollari sono una realtà. Fonte Statista).
Tramite la digitalizzazione delle infrastrutture si potrebbero trovare nuove risposte basate sull’intelligenza dei dati per quella spinosissima e certamente antipatica concorrenza tra i diversi soggetti che guardano alla “stessa fonte”: l’uso civile di acqua, l’utilizzo industriale e infine, l’utilizzo agricolo. Tre ambiti che, a causa della mancanza di un governo comune della risorsa “acqua”, si sono trovati penalizzati a seconda delle situazioni da decisioni assunte sulla base di criteri legati all’emergenza, mentre la disponibilità di dati da una parte (su risorse disponibili e consumi) e di capacità predittiva dall’altra (applicata a monte e a valle) permette di portare equilibrio nei consumi e di contribuire ulteriormente alla riduzione degli sprechi.
IoT e Intelligenza Artificiale per infrastrutture in grado di apprendere e azzerare gli sprechi di acqua
Se si guarda alla parte civile dei consumi, ovvero a quella più vicina a noi come cittadini occorre considerare che per i gestori del cosiddetto ciclo idrico integrato, la riduzione degli sprechi è una sfida importante che implica da una parte costi di manutenzione molto consistenti per interventi che presentano forti implicazioni in termini di impegno, con la difficoltà di individuare con precisione i guasti o le perdite e con interventi che prevedono scavi e interruzioni del servizio.
La digitalizzazione delle reti, ovvero investimenti in innovazioni tecnologiche a beneficio delle infrastrutture, metterebbe a disposizione delle imprese impegnate nella erogazione di questi servizi, tecnologie che aiutano a localizzare le perdite e che attraverso i dati forniti ad esempio dall’IoT permetterebbe di applicare logiche predittive per effettuare interventi di manutenzione predittiva prima ancora che si verifichino i guasti. Inoltre, grazie alla predittività applicata alle reti, si potrebbe disporre di una maggiore conoscenza, precisa e di dettaglio, dei consumi e delle abitudini e si potrebbe disporre di elementi che possono permettere di programmare azioni per incoraggiare nuovi comportamenti.
Grazie all’integrazione tra IoT e i modelli di Machine Learning, ovvero grazie alle logiche 4.0 applicate alle infrastrutture, si può costruire un rapporto nuovo con la rete idrica, da considerare come un asset che non solo distribuisce acqua, ma che genera conoscenza, sia a livello di controllo della dimensione fisica ovviamente, sia per tutti i fattori che grazie ai dati IoT e ad appositi algoritmi permettono di disporre di valutazioni ulteriori come la qualità dell’acqua e la programmazione di interventi in automatico, la fornitura ai consumatori di messaggi mirati per modificare le decisioni legate ai consumi (come l’invito a non irrigare il prato a fronte di previsioni meteo che promettono pioggia imminente), o magari avvertimenti puntuali se si verificano anomalie nei consumi.
Dal digitale uno strumento di analisi e controllo della risorsa acqua per sustainability e operations manager
Queste applicazioni in ambito industriale consentono ai responsabili operation e ai sustainability manager che hanno la responsabilità sull’utilizzo delle risorse di disporre di un livello di conoscenza e di allarme fondamentale per individuare sprechi, possibili malfunzionamenti di strutture operative o addirittura per individuare possibili frodi.
Le applicazioni digitali e di Intelligenza Artificiale alla gestione e al trattamento delle acque rappresentano il fattore chiave che consente di unire una conoscenza sempre più precisa delle risorse disponibili con la capacità di incidere sui consumi. Una infrastruttura intelligente, così come accade per le infrastrutture di rete digitali che apprendono dal loro stesso utilizzo, è nella condizione di consegnare scenari sui quali è possibile assumere decisioni in merito agli obiettivi che si desidera raggiungere. Automatizzare in forma di addestramento continuo una rete di distribuzione consente di aumentare la precisione della capacità predittiva e di aumentare tutti i fattori, anche ovviamente quelli economici, che attengono alla erogazione dei servizi.
Acqua: il ruolo dell’ESG per spingere consumi più virtuosi e innovazione nei servizi
Per fissare il ruolo che l’ESG può svolgere in merito alla crisi dell’acqua, occorre guardare a quattro fattori: la correlazione tra le performance di business e le performance legate ai KPI ESG, la progressiva estensione e la maggiore precisione degli stessi KPI ESG, la crescita nella domanda di dati e rendicontazione che caratterizza i rating ESG e infine la crescente attenzione degli investitori, finanziari o retail, ai temi ESG e la corrispondente domanda di questi ultimi di disporre di maggiori informazioni o di maggiori possibilità di verificare le informazioni disponibili. Si tratta di quattro ambiti che dipendono, in misura ovviamente diversa, dalla disponibilità di dati e dal processo di digitalizzazione.
La necessità di arricchire il patrimonio delle imprese e delle organizzazioni di un reporting ambientale, sociale e di governance è al centro delle strategie di sostenibilità e certamente questo orientamento va nella direzione di garantire maggiori informazioni e opportunità al mondo della finanza. Tuttavia, se si guarda al 6° Sustainable Development Goal: Goal 6: Ensure access to water and sanitation for all occorre forse considerare che, come era anche emerso in occasione di COP26, si avverte la necessità di una modalità di rendicontazione specifica per l’acqua che sia standardizzata, semplificata e resa più coerente a livello globale.
Appare necessario favorire un impegno che permetta di fare in modo che le attività ricondotte all’utilizzo dell’acqua siano effettivamente rappresentate come un rischio o una opportunità materiale per le imprese. Ovvero che anche attraverso l’ESG l’acqua acquisisca quell’importanza sul piano materiale e finanziario come un vero e proprio asset, che costituisce un fattore motivazione rilevante per sollecitare o accelerare processi di innovazione.